martedì 28 luglio 2009
mercoledì 22 luglio 2009
lunedì 20 luglio 2009
Paura e coraggio
La paura. Insinua dubbi, frena, a volte attanaglia e impedisce la vita.
Per vincerla bisogna lottare, affrontare ogni evento dell'esistenza attivamente, senza fermarsi.
Questo è il coraggio.
Dal punto di vista del Buddismo ciò equivale a perseverare nella pratica della Legge mistica cercando nella profondità della propria vita il cuore del Budda, trasformando la causa della sofferenza che risiede dentro di noi.
Questo è il coraggio.
L'offerta del coraggio
Come vengono considerati la paura e il coraggio all'interno della millenaria tradizione buddista, dalla dottrina più antica (theravada), alla corrente mahayana, che indica nella ricerca dell'Illuminazione per sé e per gli altri la strada per sconfiggere
come posso far sì che tutti gli esseri viventi
accedano alla via suprema
e acquisiscano rapidamente il corpo di Budda?
(Il Sutra del Loto, Esperia, p. 305)
Per il Buddismo, la condizione della sofferenza è causata dall'ignoranza della naturale realtà illuminata sia del vivente sia del non vivente. L'ignoranza è la causa profonda delle paure che condizionano l'esistenza: paura di fallire, di separarsi da chi si ama, paura della guerra, paura della morte e a volte del mondo.
A ben guardare, tuttavia, non tutte le paure limitano il raggiungimento della felicità. I bambini hanno naturalmente paura. La paura è dunque, ovviamente, necessaria alla vita. Altrettanto ovvio è che troppa paura nuoce alla vita.
La percezione quotidiana: un mondo di paura
Molti, troppi italiani soffrono per un eccesso di paura: nel 2000 gli ansiolitici sono stati i farmaci più venduti tra le specialità non rimborsabili, con una spesa farmaceutica pari a 751 miliardi delle vecchie lire (fonte: Ministero della Sanità). Sul sito www.ansia.info si trova scritto: «La prevalenza del disturbo di panico nella popolazione generale viene stimato tra l'1% e il 5%, mentre fino al 20% della popolazione generale avrebbe sperimentato attacchi di panico sporadici nel corso della propria vita. Il disturbo di panico è più frequente di 2-3 volte nelle donne rispetto agli uomini». Dunque, il panico non è un fenomeno marginale nella vita di ciascuno, vuoi perché se ne soffre, vuoi perché si intrattengono relazioni con chi ne soffre. Cosa vuol dire in termini pratici? Poniamo che il 5% delle persone che incontriamo soffra o abbia sofferto di attacchi di panico, e poniamo che ci capiti di incontrare anche solo venti persone al giorno, allora mediamente ogni giorno avremo incontrato almeno una persona che soffre o ha sofferto di attacchi di panico. Questi dati sono una spia accesa costantemente sul rosso nel quadro comandi della macchina in corsa delle nostre vite individuali e del nostro sistema Paese.
Come affrontare le paure secondo la prospettiva buddista? Per rispondere a questa domanda è utile inquadrare come il Buddismo abbia affrontato nel suo percorso storico il tema della sofferenza.
Il Buddimo theravada: eliminare la sofferenza eliminando gli attaccamenti
Secondo la dottrina del Buddismo antico o theravada, l'origine della sofferenza sarebbe da cercarsi nell'attaccamento ai desideri e alle passioni. La paura potrebbe così intendersi come conseguenza del non ottenere ciò che si desidera o di perdere ciò che si è ottenuto. Ad esempio: la paura di non diventare mai ricchi o benestanti, o la paura di non giungere mai a una posizione di rispetto nel proprio gruppo sociale. O per converso, la paura di perdere la propria ricchezza, la paura di perdere il proprio rango o la propria posizione sociale.
In base a tale dottrina, la comprensione della catena di cause ed effetti che determina la comparsa delle sofferenze può fornire l'occasione per porre fine al soffrire. In altre parole: eliminata la causa della sofferenza, eliminata la sofferenza. Poiché la causa della sofferenza è da cercarsi nel desiderio, o meglio nell'attaccamento ai nostri desideri, occorre agire drasticamente per sradicare gli attaccamenti scegliendo uno stile di vita particolarmente austero, come testimoniano le rigide regole monastiche del primo Buddismo.
Il Buddismo mahayana: la via del bodhisattva
Il Buddismo mahayana, pur riconoscendo l'essenziale vacuità di tutti i fenomeni, si pone fin dall'inizio in antitesi con una nozione puramente ascetica del vivere. La considerazione che qualsiasi oggetto del desiderio è comunque soggetto all'impermanenza non può esimere il credente dalla responsabilità di offrire agli altri esseri viventi una via, anzi "la Via", per ottenere l'Illuminazione, non esime l'individuo dall'adoperarsi per infrangere le catene causali che trattengono gli altri esseri in una condizione di prigionia esistenziale. Nel Buddismo mahayana si pone l'accento sulla natura relazionale della realtà: tutti gli esseri e tutte le cose sono in relazione tra loro, tutti i fenomeni sono interdipendenti. La sofferenza dell'individuo è legata alla sofferenza dell'ambiente in cui vive, la felicità della persona dipende dalla felicità altrui. La via per la salvezza è la pratica del bodhisattva, di colui che ricerca l'Illuminazione per sé e per gli altri.
Per attraversare il mare della sofferenza e approdare all'Illuminazione, i bodhisattva dovevano compiere sei pratiche, dette le sei paramita:
la pratica dell'offerta;
la pratica dell'osservare i precetti;
la pratica dell'essere tolleranti;
la pratica dell'assiduità;
la pratica della meditazione;
la pratica dell'ottenimento della saggezza.
La pratica dell'offerta - centrale nel Buddismo mahayana - comprende tre aspetti: la pratica dell'offerta materiale, la pratica dell'offerta alla Legge e la pratica dell'offerta del coraggio. Offrire coraggio significa liberare le menti altrui dalla paura e portare la pace.
La pratica dell'offerta del coraggio nella prospettiva del Buddismo di Nichiren Daishonin
La pratica dell'offerta del coraggio, ossia di liberare le altrui menti dalla paura, è di particolare importanza seguendo la prospettiva del Buddismo di Nichiren Daishonin.
In un brano del Gosho intitolato Il vero Oggetto di culto, una delle tante lettere che Nichiren Daishonin scriveva a beneficio dei suoi discepoli, si legge: «Il sutra Muryogi afferma: "[Chi abbraccia questo sutra] realizzerà naturalmente le sei paramita senza averle praticate» (Gli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 1, p. 232). Il presidente della Soka Gakkai internazionale Daisaku Ikeda, commentando il brano appena citato, scrive: «La prima delle sei paramita è "la donazione". Esistono tre tipi di donazione: la "donazione del tesoro", vale a dire le offerte materiali; la "donazione della Legge", cioè lodare e insegnare la Legge; e la "donazione del coraggio", che consiste nell'eliminare la paura e dare la serenità. Senza scendere in dettagli, vorrei soltanto sottolineare che le offerte materiali non sono l'unico tipo di donazione. I buddisti attribuiscono grande importanza alla lode e all'insegnamento della Legge, e alla capacità di allontanare la paura e di offrire pace alla mente. Limitati come sono, i beni materiali non possono offrire la salvezza definitiva e le offerte di questo tipo aiutano un individuo solo per un breve periodo di tempo. [...] è invece necessario offrire coraggio a coloro che, pur potendosi guadagnare la vita, cadono in una disperazione così profonda da perdere la volontà di vivere: il coraggio, infatti, elimina la paura e l'angoscia, e dà la speranza e la tranquillità» (D. Ikeda, La vera entità della vita, Esperia, 1996. p. 178). Una delle pratiche fondamentali per l'ottenimento della Buddità, vale a dire per la risoluzione delle sofferenze e, quindi, delle paure, è, dunque, dare coraggio e tranquillità di mente agli altri esseri. Ma come è possibile praticare l'offerta del coraggio se, per primi, si vive nell'ansia e nella paura? Il Sutra del Loto afferma, in modo rivoluzionario sia per il Buddismo theravada sia per il Buddismo mahayana, la possibilità concreta che chiunque, qualsiasi sia il suo status sociale o qualsiasi sia la sua condizione vitale, può manifestare la Buddità. Nel Sutra del Loto si legge:
«A quel tempo la fanciulla Drago porse al Budda un gioiello che aveva, prezioso come mille milioni di mondi: il Budda lo accettò immediatamente. La fanciulla Drago disse al bodhisattva Accumulo di Saggezza e al venerabile Shariputra: "Ho offerto questo prezioso gioiello e l'Onorato dal Mondo l'ha accettato: ciò non è forse accaduto rapidamente?". Essi risposero: "Sì, davvero rapidamente!". La fanciulla continuò: "Avvaletevi dei vostri poteri sovrannaturali e guardate come conseguo la Buddità. Sarà cosa persino più rapida!"» (Il Sutra del Loto, Esperia, p. 245).
L'affermazione del conseguimento istantaneo della Buddità era difficile da digerire per chi si era sottoposto a pratiche austere:
«Il bodhisattva Accumulo di Saggezza disse: "Quando osservo il Tathagata Shakyamuni, mi rendo conto che per innumerevoli kalpa egli ha portato avanti severe e difficili pratiche, accumulando meriti e virtù, cercando la via del bodhisattva senza mai riposare. Osservo che in mille milioni di mondi non c'è un solo luogo, forse anche piccolo come un seme di senape, in cui questo bodhisattva non abbia sacrificato il corpo e la vita a beneficio degli esseri viventi. Solo dopo aver fatto tutto questo, è stato in grado di completare la via della bodhi. Non posso credere che questa fanciulla nello spazio di un istante abbia effettivamente potuto conseguire la corretta illuminazione"» (ibidem, p. 243).
Una fanciulla, una bambina, aveva conseguito, così come era, l'Illuminazione - questo fatto era davvero inconcepibile per l'epoca! Ma come aveva fatto? Perché aveva ottenuto i benefici delle paramita - tra cui la capacità di donare coraggio, liberare dalla paura e donare la tranquillità di mente?
Il Sutra del Loto è scrittura e insegnamento che rivela nelle tre direzioni temporali - passato, presente e futuro - la natura fondamentale della Buddità inerente sia agli esseri senzienti sia agli esseri insenzienti. Al tempo stesso, predice la possibilità per tutti gli esseri di ottenere la Buddità nella forma presente. Tuttavia, leggendo il sutra non sembra essere affermata la pratica che rende praticamente possibile l'Illuminazione di tutti gli esseri. Nichiren Daishonin enuncia la pratica nascosta del Sutra del Loto: la pratica della recitazione di Nam-myoho-renge-kyo. Nella prospettiva del Buddismo di Nichiren Daishonin la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo equivale a ottenere la Buddità allo stesso modo della fanciulla Drago. In particolare, grazie a una diversa percezione della realtà, si ottiene il beneficio di poter dare agli altri esseri tranquillità di mente privandoli della loro condizione di paura.
Solo grazie alla manifestazione dello stato vitale più alto una persona può percepire la propria e l'altrui paura come condizione transitoria. La paura non è più una morsa, ma una manifestazione temporanea della nostra vita che può illuminarsi. La manifestazione della Buddità nella nostra vita farà sì che l'individuo faccia della propria paura l'arma per donare serenità di mente agli altri esseri. L'offerta del coraggio può darsi, nella prospettiva del Buddismo di Nichiren Daishonin, solo percependo la natura illuminata, altrimenti qualsiasi buona azione sarà priva di significato: «Non devi mai cercare nessuno degli ottantamila insegnamenti di Shakyamuni e nessuno dei Budda e bodhisattva dei tre tempi e delle dieci direzioni al di fuori di te. La padronanza degli insegnamenti buddisti non ti solleverà affatto dalle sofferenze mortali fino a che non percepirai la natura della tua stessa vita. Se cerchi l'Illuminazione al di fuori di te, qualsiasi disciplina, o buona azione sarà priva di significato» (Gli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 4, p. 4).
Compiere buone azioni è naturalmente cosa buona. Ma non necessariamente il compiere buone azioni conduce alla strada della Buddità. Grazie alla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo si può percepire la realtà come la realtà del Budda, e solo così si attua quanto scritto nel sutra Muryogi: «[Chi abbraccia questo Sutra] realizzerà naturalmente le sei paramita senza averle praticate»; solo così si potrà realizzare la pratica dell'offerta del coraggio.
Recitando Nam-myoho-renge-kyo possiamo verificare la natura illuminata della nostra vita e della vita che ci circonda in accordo con quanto scritto nel Sutra del Loto:
Quando gli esseri viventi assistono alla fine di un kalpa
e tutto arde in un grande fuoco
questa, la mia terra, rimane salva e illesa,
costantemente popolata di dèi e uomini.
Le sale e i palazzi nei suoi giardini e nei suoi boschi
sono adornati di gemme di varia natura.
Alberi preziosi sono carichi di fiori e di frutti
e là gli esseri viventi sono felici e a proprio agio.
Gli dèi suonano tamburi celesti
creando un'incessante sinfonia di suoni.
Boccioli di mandarava piovono dal cielo
posandosi sul Budda e sulla moltitudine.
La mia pura terra non viene distrutta,
eppure gli uomini la vedono consumarsi nel fuoco:
ansia, paure e sofferenze predominano ovunque.
(Il Sutra del Loto, Esperia, p. 303).
Questa descrizione, nella sua parte finale, ben descrive la situazione odierna nella percezione comune. Eppure, nella parte iniziale, ci dice anche altro, che la pura terra del Budda giace incontaminata nelle nostre vite e può rivelarsi in noi stessi e nel nostro ambiente. Al di là delle apparenze esiste la Buddità, nascosta nei fenomeni.
Si provi a pensare all'evenienza della vita che più suscita timore: la morte. «I due ideogrammi della parola jigoku si possono leggere come "scavare una fossa nella terra". Per colui che muore si scava una fossa, questa è jigoku. Le fiamme della cremazione sono le fiamme della sofferenza incessante. La moglie, i figli e i parenti che si affannano intorno al morto sono i guardiani dell'inferno, gli aborasetsu. I lamenti dei familiari sono le voci dei guardiani dell'inferno. Il bastone lungo due shaku e mezzo è la mazza di ferro [dei carnefici]. I cavalli e i buoi [del carro funebre] sono i demoni con testa di cavallo e di bue e la tomba stessa è la grande fortezza della sofferenza incessante. Gli ottantaquattromila calderoni sono gli ottantaquattromila bonno. Il defunto che lascia la sua casa inizia il viaggio verso la montagna della morte, e la riva del fiume su cui sostano i suoi figli devoti è il fiume dei tre passaggi. È inutile cercare l'inferno altrove.
Coloro che abbracciano il Sutra del Loto possono cambiare tutto questo. Per loro l'inferno diventa la pura terra illuminata, le fiamme ardenti si trasformano nella torcia della saggezza del corpo di retribuzione del Budda, il loro cadavere diventa il corpo della Legge del Budda e l'abisso di fuoco diventa la "grande stanza della compassione" del corpo di manifestazione del Budda. Il bastone è il bastone della realtà della mistica Legge, il fiume dei tre passaggi è l'oceano di "nascita e morte sono nirvana" e la montagna della morte è il grande picco di "desideri terreni sono Illuminazione"» (Gli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 5, pp. 197-198).
Così scrive Nichiren Daishonin nel 1274 incoraggiando una credente di nome Goke-ama che aveva appena perso il marito. Il brano citato dà un esempio di come ciascun individuo possa, recitando Nam-myoho-renge-kyo, cambiare la realtà del proprio destino e del proprio ambiente. Con questo stato vitale è facile dissipare la paura delle altre persone. Chi recita non avrà timore, pur rimanendo la stessa persona che, prima di aver praticato il Buddismo di Nichiren Daishonin, era afflitta dalle proprie e dalle altrui paure. Percependo la Buddità naturalmente sarà in grado di praticare la paramita dell'offerta del coraggio.
Scrive Daisaku Ikeda: «Quando un essere umano recita Nam-myoho-renge-kyo fonde la propria vita con la Legge mistica e contemporaneamente entra in perfetta armonia con la grande vita cosmica. [...] Un brano di Risposta a Kyo'o afferma: "Nam-myoho-renge-kyo è come il ruggito di un leone. Quale malattia può essere di ostacolo? ... Ovunque tua figlia possa giocare sarà libera dalla paura come il re leone". Anche noi comuni mortali saremo infine in grado di ottenere lo stato di Illuminazione (che il suddetto brano sottintende) se coltiveremo la nostra fede basandoci sul Gohonzon. "Riceverete naturalmente i benefici delle sei paramita" significa proprio questo. Il defunto presidente Josei Toda diceva: "Combatterò per aiutare le persone a raggiungere quella condizione piena e possente che permetterà di vivere come più desiderano, immerse nel grande oceano dei benefici, indosserò l'abito della pazienza e brandirò la spada della compassione"» (D. Ikeda, op. cit., pp. 188-89).
Il Buddismo, nella sua storia, ha analizzato a fondo i fenomeni per capire e abbattere le cause della sofferenza. Al giorno d'oggi ci insegna che attraverso la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo si può guardare e gustare il mondo come il mondo di Budda e, grazie a questa consapevolezza, si è in grado di donare la tranquillità di mente a chi vede la «terra consumarsi nel fuoco» una terra dove «ansia, paure e sofferenze predominano ovunque». E si può rispondere alla domanda del Budda: «Come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano alla via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo di Budda?»
(Il Sutra del Loto, Esperia, p. 305).
(Renato Spaventa - tratto da "Buddismo e Società" n° 104 Giugno 2004 )
LA QUESTIONE AMBIENTALE dal punto di vista Buddista
Vorrei discutere il primo di questi tre punti con uno specifico riferimento alla questione del cambiamento climatico.
Il riscaldamento globale sta avendo un profondo impatto sugli ecosistemi esistenti, e oltre a essere il principale responsabile dei disastri climatici può contribuire ad aggravare i conflitti armati, la povertà e la fame. È veramente l'emblema della crisi del ventunesimo secolo.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che ha indicato il cambiamento climatico come una delle questioni centrali di cui si dovrebbe occupare l'ONU, ha lanciato un monito: «Tuttavia, nel lungo periodo, nessuno, ricco o povero, rimarrà immune dai pericoli provocati dal cambiamento climatico».28 In altre parole, nessuno può rimanere spettatore: il cambiamento globale è un problema che riguarda tutti.
Il cambiamento climatico è una crisi "multidimensionale" che costituisce una minaccia per il futuro dell'umanità e porrà le generazioni future di fronte a tremende sfide.
Purtroppo dobbiamo constatare che lo scorso anno i negoziati sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra non hanno fatto registrare progressi significativi. È indispensabile che vengano avviate discussioni fruttuose in tempo utile per l'appuntamento di dicembre di quest'anno, la data entro cui si dovrà giungere a un accordo sul nuovo quadro di riferimento che sostituirà il protocollo di Kyoto in vigore fino alla fine del 2012. È cruciale che oltre al rinnovato impegno da parte dei paesi industrializzati, anche i paesi emergenti e in via di sviluppo svolgano un ruolo attivo nella definizione del nuovo accordo post-Kyoto.
La domanda che dobbiamo porci è in che modo possiamo mettere in campo azioni condivise.
La politica energetica è certamente un ambito attorno a cui è possibile costruire forme di cooperazione internazionale. Da una parte c'è la necessità di assicurare adeguate risorse energetiche ai paesi in via di sviluppo e a quelli emergenti, dall'altra la questione dell'energia nel suo complesso deve diventare la chiave di tutti gli sforzi che i paesi sviluppati devono intraprendere per attuare la transizione verso una società a "basso carbonio" e senza sprechi.
Considerando che quasi il sessanta per cento delle emissioni di gas a effetto serra sono prodotte dal consumo di combustibili fossili, mettere in campo azioni concertate a livello globale sulle politiche energetiche potrebbe essere un modo efficace per combattere il cambiamento climatico.
Il piano di stimolo economico e la strategia per la creazione di posti di lavoro predisposti dal presidente americano Barack Obama puntano alla creazione di nuove industrie e nuovi posti di lavoro in settori come lo sviluppo di fonti energetiche alternative, tanto che si è parlato di un "New Deal verde". Analogamente un crescente numero di paesi - compresi il Giappone e la Corea del Sud - stanno valutando o già attuando misure economiche d'emergenza tese a promuovere gli investimenti nei settori dell'energia e dell'ambiente.
Nella mia Proposta di pace dell'anno passato ho espresso l'auspicio che la competizione umanitaria diventi il cuore degli sforzi finalizzati a risolvere la crisi ambientale globale, e ho sollecitato l'adozione di misure e iniziative volte a incentivare l'energia rinnovabile e l'efficienza energetica, allo scopo di realizzare la transizione dalla dipendenza dai combustibili fossili a una società a basso carbonio e senza sprechi. I recenti sviluppi suggeriscono che ci stiamo muovendo in questa direzione.
L'istituzione dell'Agenzia internazionale per la promozione delle energie rinnovabili (IRENA, International Renewable Energy Agency), nata grazie al sostegno di oltre cinquanta paesi, ne è un esempio. Questa organizzazione intergovernativa fondata a Bonn, in Germania, il 26 gennaio di quest'anno, intende promuovere a livello internazionale l'uso delle energie rinnovabili nei paesi industrializzati, in quelli emergenti e in quelli in via di sviluppo. Avendo io chiesto sette anni or sono l'istituzione di un organismo simile che si occupasse della promozione delle fonti di energia rinnovabile, accolgo con soddisfazione la creazione di questa nuova agenzia internazionale.
Riguardo alle problematiche connesse all'efficienza energetica, nel dicembre del 2008 i ministri con la delega all'energia di alcune nazioni, tra cui i paesi del G8, la Cina, l'India e il Brasile, hanno sottoscritto una dichiarazione comune per l'istituzione nel 2009 di un Accordo internazionale di cooperazione nell'ambito dell'efficienza energetica (IPEEC) e la collocazione del suo segretariato all'interno della Agenzia internazionale per l'energia (IEA, International Energy Agency).
Questi nuovi organismi devono essere pienamente operativi entro la fine del 2012, quando scadrà il primo periodo di azione del protocollo di Kyoto. In futuro potrebbero diventare un punto di incontro per costruire la cooperazione internazionale e giocare un ruolo chiave nell'attuazione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992.
Oltre a queste misure propongo che in futuro venga creata, sotto l'egida delle Nazioni Unite, un'agenzia internazionale per l'energia sostenibile che agevoli il lavoro di queste due organizzazioni (IRENA e IPEEC), affinché la cooperazione internazionale sulle politiche energetiche possa radicarsi profondamente in tutta la comunità mondiale.
Qualcuno potrebbe esprimere perplessità di fronte a queste iniziative, obiettando che il trasferimento di tecnologie avrebbe l'effetto di indebolire la competitività economica dei singoli paesi e che i costi per finanziare la cooperazione internazionale comporterebbero un ulteriore aggravio per i contribuenti. A mio avviso la cooperazione internazionale finalizzata all'obiettivo condiviso di invertire la tendenza al riscaldamento globale si accorda con il principio che Makiguchi considerava centrale per l'attuazione della competizione umanitaria: «Facendo del bene agli altri facciamo del bene anche a noi stessi». Infatti, partendo da questa prospettiva più ampia, gli sforzi volti a far del bene all'umanità nel suo complesso avranno conseguenze positive per ogni singolo stato.
Questa nuova agenzia per l'energia sostenibile può essere pensata come uno spazio per rafforzare la solidarietà e come un centro dove far confluire i suggerimenti provenienti dai governi locali, dal settore privato e dalle organizzazioni non governative, al fine di costruire una società globale sostenibile. Attraverso un sistema aperto di registrazione, tutte le organizzazioni interessate potrebbero documentare le proprie attività e le buone pratiche, che sarebbero poi rese disponibili in una banca dati presente su Internet, fornendo così una piattaforma per lo scambio di informazioni e le ricerche di partenariato.
Nel novembre del 2008 l'Istituto Toda per la pace globale e la ricerca politica, affiliato alla Soka Gakkai Internazionale, ha organizzato una conferenza dal titolo Affrontare il cambiamento climatico con una nuova etica ambientale. Tra i punti focali della conferenza, la necessità di creare delle sinergie fra i governi, il settore privato e la società civile, sulla base del loro comune senso di responsabilità verso le generazioni future. A tal fine, nel corso della conferenza è stata ribadita l'importanza di ottenere l'appoggio e la partecipazione attiva di ampi settori dell'opinione pubblica.
A partire dal 2002 la Soka Gakkai Internazionale ha organizzato la mostra I semi del cambiamento: la Carta della Terra e il potenziale umano in venti paesi e in otto lingue diverse, in collaborazione con la Carta della Terra. La SGI ha anche promosso dei progetti sull'ambiente, come per esempio programmi di imboschimento in diversi paesi del mondo, collaborando con organizzazioni che perseguono finalità simili. Le singole iniziative sull'ambiente sono molto preziose, tuttavia gli sforzi di cooperazione generano un notevole effetto moltiplicatore.
Quest'anno il Decennio delle Nazioni Unite per l'educazione allo sviluppo sostenibile sarà a metà del suo cammino; un'iniziativa importante che sottolinea la necessità di coinvolgere attivamente i cittadini comuni nelle attività educative e nelle campagne di sensibilizzazione.
Note
28) Ban Ki-moon, Human Development Report 2007/2008. Fighting Climate Change: Human Solidarity in a Divided World (Rapporto sullo sviluppo umano 2007/2008. Combattere il cambiamento climatico. La solidarietà umana in un mondo diviso), http://hdr.undp.org/en/media/HDR_20072008_EN_Complete.pdf (ultimo accesso 24 febbraio 2009), p. 23.
domenica 19 luglio 2009
KARMA
Buddismo e Società
Buddismo e Società n.86 maggio giugno 2001
Principi fondamentali:
Il karma, o legge di causa ed effetto
a cura di Sabina Guzzanti
Significa “azione compiuta” e indica contemporaneamente le cause e gli effetti che derivano dalle azioni, parole e pensieri della nostra vita quotidiana, buoni e cattivi, leggeri e pesanti, superficiali e profondi. Il karma: l’identikit di questo importante concetto buddista
«Se è la sofferenza che temi, se è la sofferenza
ciò che detesti,
non compiere mai azioni cattive,
perché tutto si vede per quanto segreto.
Persino un volo nell’aria
non ti può liberare dalla sofferenza
dopo che l’azione cattiva è stata commessa.
Non nel cielo, né nel mezzo dell’oceano,
né se ti nascondessi nelle crepe delle montagne,
un angolo riusciresti a trovare in questa
terra tutta,
dove il karma il colpevole non raggiungerebbe.
Ma se vedi il male che altri ti fanno
e se sentitamente tu disapprovi,
stai attento a non fare al medesimo modo,
perché le azioni delle persone con esse rimangono.
Quelli che imbrogliano negli affari,
quelli che contro il Dharma agiscono,
quelli che frodano, quelli che truffano,
se stessi gettano in un gorgo,
perché le azioni delle persone con esse rimangono.
Qualsivoglia azione possa un individuo
compiere,
siano esse di gioia portatrici, siano esse cattive,
un’eredità per lui costituiscono,
le azioni non svaniscono senza lasciar traccia. (…)
Un’azione cattiva non necessariamente
causa subito a chi l’ha compiuta
un qualche guaio.
Essa nascostamente allo stolto superficiale
si accompagna,
proprio come un fuoco che giace sotto la cenere.
Proprio come una lama appena forgiata,
l’azione cattiva nell’immediato non provoca alcuna ferita.
Proprio il ferro produce la ruggine
che lentamente di certo lo consumerà.
Colui che il male compie,
dalle sue stesse azioni è portato
a una vita di sofferenza».
Questi versi sono tratti dal Dharmapada, una delle scritture buddiste più antiche, e contengono probabilmente la prima enunciazione del concetto di karma.
Karma è una parola sanscrita che significa “azione compiuta”, ed è un termine generico designante gli effetti delle nostre azioni: le azioni fisiche che compiamo, le parole che pronunciamo e i pensieri che passano per la nostra mente. Ciascuna di queste tre azioni produce un effetto latente nella nostra vita, che causa successivamente un effetto manifesto. Quindi il karma indica contemporaneamente le cause e gli effetti derivanti dalle azioni, parole e pensieri che fanno parte della nostra vita quotidiana, buoni e cattivi, leggeri e pesanti, superficiali e profondi.
Secondo il Buddismo quindi tutti gli aspetti della vita sono legati fra loro dalla legge di causalità. Non solo ciò che è visibile e materiale, ma anche ciò che è invisibile.
Tutto ha una conseguenza. Non esistono azioni fisiche o spirituali che non abbiano prima o poi un effetto. Il nostro pensiero può essere invisibile a tutti, ma non è neutro per la Legge di causalità. Possiamo dichiarare cose che non faremo mai, ma quella dichiarazione produrrà un effetto.
Una stessa azione produrrà effetti diversi a seconda dello spirito con cui è stata compiuta. Si può offrire aiuto ad esempio per generosità o per umiliare qualcuno o per farsi pubblicità o per opportunismo. L’effetto che avrà sulla nostra vita sarà coerente con l’intenzione con cui abbiamo agito. Che riusciamo a ingannare gli altri o meno, che i nostri gesti abbiano il giusto riconoscimento o meno, il seme che abbiamo piantato germoglierà e potrà essere per noi fonte di nutrimento o di malessere a seconda della natura dell’azione che lo ha generato. Il presente, sia individuale che collettivo, è quindi generato dal karma accumulato nel passato.
Tuttavia quando abbiamo una sofferenza tendiamo a pensare che siano gli altri, o più genericamente “l’esterno”, a farci soffrire. Che ci sia un colpevole e che noi siamo le vittime. Secondo la visione buddista la realtà è diversa: dentro la nostra vita esiste una causa per quello che ci accade, ovvero noi siamo gli autori, gli altri sono solo dei complici, lo specchio che riflette il nostro karma.
Né la teoria del karma ci deve indurre a pensare che sia tutto già scritto e che ogni sforzo per migliorare la nostra condizione sia inutile. Se è vero che il presente è modellato dal passato, è vero pure che il presente modella il futuro. Per questo Nichiren Daishonin cita un brano del sutra Shinjikan: «Se vuoi conoscere le cause passate guarda i risultati che si manifestano nel presente, se vuoi conoscere gli effetti che si manifesteranno nel futuro, guarda le cause che stai ponendo nel presente».
Il presente è quindi la chiave di tutto. Difficile da afferrare, da descrivere, da comunicare (appena lo nomini è già passato), è la parte più pura e incontaminata della vita e in esso, secondo il Buddismo, è custodito un potere immenso. Infatti il principio di ichinen sanzen (tremila mondi in un singolo istante di vita), che lo studioso cinese T’ien-t’ai (538-597) formulò come spiegazione teorica di Myoho-renge-kyo, altro non è che la descrizione minuziosa di tutto ciò che contiene ogni singolo istante di vita, ovvero l’attimo presente. Dall’aspetto esteriore alle potenzialità, alla sua storia passata, alla sua particolare relazione col mondo, alla relazione del mondo con esso, a tutte le sue qualità, buone e cattive, costruttive e distruttive, alle diverse sfere dell’universo con cui entra in relazione, tutto questo e altro è contenuto in un singolo istante. T’ien-t’ai e i suoi coltissimi e dotati discepoli meditavano su questo principio per cercare di aprire la mente e renderla adeguata alla complessità della realtà.
Il presente è il luogo che tutti cerchiamo, l’unico che può darci sollievo e gioia.
Ma pur essendo lì alla portata di tutti noi, sono rari i momenti in cui riusciamo a starci dentro. È come se ci fossero mille correnti che ce ne allontanano. Queste correnti sono per l’appunto il karma.
Come nasce storicamente
Il Buddismo assorbe il concetto di karma, o Legge di causa ed effetto, dalla precedente tradizione induista. Nel Buddismo però lo stesso concetto è utilizzato con una funzione molto diversa.
Nella “Via della liberazione induista” l’essere umano, o meglio la sua anima, è destinata a seguire il ciclo delle rinascite (samsara), attraverso le quali entra a far parte della natura vivente come pianta o animale. Quando l’anima si diparte dal corpo al momento della morte, sosta per tre epoche prima di trasmigrare nel corpo di un altro essere vivente; la forma della nascita dipenderà, secondo la legge del karma, dalle qualità etiche delle azioni compiute nel passato. Nell’Induismo, quindi, l’ordinamento del mondo è fondato su un principio etico,fondato a sua volta sul karma o legge di causalità. Qui il karma però è senza inizio né fine. Le colpe commesse nel passato non si possono espiare se non dopo un ciclo lunghissimo di rinascite e mai durante l’esistenza presente. La legge di causa ed effetto viene quindi interpretata in senso fatalista. Se nasci povero vuol dire che te lo sei meritato e non ci puoi fare niente. La vita è vista come un mezzo per espiare le proprie colpe. La conseguenza politica di questo modo di interpretare l’esistenza è per esempio l’ordinamento in caste della società.
Shakyamuni diffonde e predica il Buddismo in aperto contrasto con questa visione del mondo. Sostiene che gli esseri umani hanno fondamentalmente tutti lo stesso potenziale e che la Legge di causa ed effetto va utilizzata per trasformare il proprio destino e non per subirlo. Questa Legge meravigliosa secondo Shakyamuni esiste per condurre le persone alla felicità e all’Illuminazione. La natura profonda di questa Legge è la compassione. La sua funzione non è quella di punire o sottomettere.
La prima sistematizzazione buddista del concetto di karma risale al V sec. d.C., quando il monaco Vasubandhu, appartenente alla corrente mahayana, espose il concetto della alayavijnana, o deposito (alaya) delle percezioni. Vasubandhu intuisce la presenza di una coscienza che funziona come deposito di tutte le nostre esperienze: un vero e proprio magazzino del karma. Fino ad allora nel Buddismo venivano individuati sei tipi di coscienze corrispondenti ai sei sensi: vista, udito, gusto, olfatto, tatto, e una mente cosciente. Vasubandhu individuò oltre a queste la coscienza manas (ragione) e quella alaya (deposito).
Lo studioso cinese T’ien-t’ai successivamente completò il quadro individuando una nona coscienza, la coscienza amala (pura), che Nichiren Daishonin identificò con Nam-myoho-renge-kyo.
Il sistema dei sei tipi di coscienza comportava che ciascun individuo percepisse il mondo esterno in base al particolare e soggettivo funzionamento della sua mente conscia; con Vasubandhu, grazie al sistema delle otto coscienze, tutte le persone del passato, del presente e del futuro possono percepire le cose in maniera pressoché identica. I semi dell’esperienza passata vengono sistemati infatti nella “coscienza-deposito”, e una volta influenzati da stimoli esterni mettono radici nel presente. Tutte le esperienze del mondo empirico sono quindi il prodotto di semi accumulati nell’ottava coscienza e richiamati in vita da stimoli esterni. Tutti gli esseri viventi sono in genere simili, possiedono depositi simili di semi e quindi sono propensi a percepire il mondo esterno in modo analogo.
Come si forma
Il Daishonin afferma che tutte le sofferenze, sia fisiche che spirituali, nascono dai tre veleni di avidità, stupidità e collera. I desideri terreni e le sofferenze che questi producono sono legati al karma. I desideri terreni, il karma e la sofferenza sono chiamati i tre sentieri.
I sentieri si snodano in questo modo: la sofferenza provoca tantissimi desideri i quali inducono ad azioni che creano karma negativo.
L’effetto del karma si manifesta di nuovo come sofferenza fisica o mentale, che a sua volta alimenta nuovi desideri. Il karma che si sviluppa da questi è sempre più negativo e il ciclo continua all’infinito.
Il punto critico di tutto questo processo sono i desideri. Desiderio in sanscrito si dice klesha e a volte è tradotto con “illusione”. Il termine indica tutte le funzioni che disturbano una persona a livello fisico e spirituale. Rappresentano il lato oscuro della vita e impediscono alle persone di ottenere l’Illuminazione.
Le illusioni si dividono in fondamentali e derivate. Le fondamentali sono: avidità, collera, stupidità, arroganza, dubbio e visioni distorte.
Quelle derivate sono: l’illusione che nasce dal considerare l’io come assoluto; l’illusione che nasce dal considerare la morte come il termine della vita; quella che nasce dal non riconoscere la legge di causalità; quella che nasce dall’attaccamento a idee sbagliate che fanno considerare superiori le cose inferiori; quella che nasce dal considerare pratiche e precetti erronei come veicoli per raggiungere la Buddità.
Nella prima parte della sua vita Shakyamuni predica vari insegnamenti per sfuggire ai desideri terreni e alle illusioni. I più noti sono l’insegnamento della dodecupla catena che spiega la relazione tra ignoranza e sofferenza, le quattro nobili verità e l’ottuplice sentiero. Negli ultimi anni della sua predicazione Shakyamuni espone il Sutra del Loto. In questo insegnamento rivela che, al contrario di quanto aveva sostenuto fino a quel momento, i desideri terreni non vanno estirpati ma trasformati in Illuminazione. Nel Sutra del Loto si legge: «Anche senza estinguere i desideri terreni essi possono purificare tutti i loro sensi ed estirpare i loro errori». E che: «Le sofferenze di nascita e morte sono nirvana».
Come può essere e come si manifesta
Il Buddismo esamina il karma sotto diversi aspetti dividendolo in varie categorie. Le principali sono: karma positivo, karma negativo, karma presente, karma passato, karma mutabile e immutabile, karma che si manifesta nella vita presente e karma che si manifesta dopo essere rinati in un tempo del remoto futuro.
Il termine karma positivo indica le azioni nate da buone intenzioni, dalla gentilezza e dalla compassione; il karma negativo si riferisce alle azioni indotte dai desideri terreni come stupidità, avidità e collera. L’Antologia dell’analisi della Legge e altri trattati tradizionali del Buddismo individuano dieci fondamentali atti malvagi che causano il karma negativo: le tre malvagità fisiche di uccidere, rubare e tenere un comportamento sessuale sregolato, le quattro malvagità verbali di mentire, adulare (o parlare superficialmente o a vanvera), diffamare e fingere, e le malvagità mentali di collera, avidità e stupidità (o rimanere attaccati alle visioni errate).
Il karma presente è il karma i cui effetti si manifestano nella vita presente. Il karma passato è quello formato in una vita precedente. Il karma immutabile produce un effetto prefissato nel tempo (un esempio di karma immutabile è la durata della vita), al contrario di quello mutabile il cui effetto e tempo non sono predeterminati.
Il karma più leggero può produrre il suo pieno effettonello stesso periodo di vita in cui è stato creato. Se le cause sono più pesanti esse continueranno a produrre sofferenza o gioia anche nella prossima esistenza.
Il karma può avere uno “spessore”. Aumenta se i pensieri si trasformano in parole e si ingigantisce quando diventano azioni.
Il karma dipende anche dall’oggetto con cui ci mettiamo in relazione sia in senso positivo che negativo. Scrive Nichiren Daishonin: «Se qualcuno percuote l’aria con un pugno non si fa male, ma se colpisce una roccia si fa male… la gravità di un peccato dipende da chi viene offeso» (Gli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 4, p. 106).
Da questo punto di vista calunniare la Legge è considerata la causa più negativa che esista, e lodare la Legge la causa più positiva. L’atteggiamento verso la Legge forma dunque un karma completamente differente da quello creato nelle azioni della vita quotidiana.
Si parla anche di causa karmica, tendenza karmica e relazione karmica.
La causa karmica è il karma vero e proprio. Come abbiamo detto, ogni persona è erede del proprio karma, crea il proprio destino in ogni momento, che lo voglia oppure no. Una volta piantato il seme, o causa, l’effetto rimane impresso nella nostra vita come energia latente, come una forza pronta a esplodere appena si presenta l’occasione giusta. Perché si manifesti un effetto sono necessarie due condizioni: la causa interna e l’occasione esterna. Se manca l’una o l’altra non si può manifestare nessun effetto. Tutti possono ottenere l’Illuminazione perché ognuno ha in sé il seme della Buddità. Incontrare la pratica buddista è l’occasione esterna per manifestare la parte illuminata già presente nella profondità della nostra vita.
La tendenza karmica è quell’attitudine che si presenta nella nostra vita in seguito alla ripetizione costante di determinate azioni. Assomiglia a una forza che trascina. È una strada facile da imboccare perché mille volte battuta.
La relazione karmica è un legame più o meno profondo che abbiamo con cose o persone. Anche se più in generale c’è una relazione profondissima tra ogni individuo e il resto dell’universo. «La vita in ogni istante abbraccia sia il corpo che lo spirito, sia l’io e l’ambiente di tutti gli esseri senzienti in ognuno dei dieci mondi e dei tremila mondi come pure gli esseri insenzienti» (ibidem, p. 3).
Come si cambia
Scrive Nichiren Daishonin: «Mentre il saggio osservava i principi e assegnava i nomi a tutte le cose, percepì l’esistenza di una legge meravigliosa (myoho) dotata simultaneamente di causa ed effetto (renge) e la chiamò Myoho-renge. Questa Legge di Myoho-renge comprende in sé tutti i fenomeni dei dieci mondi e dei tremila regni, nessuno escluso. Chiunque pratichi questa Legge otterrà simultaneamente sia la causa che l’effetto della Buddità»(ibidem, vol. 9, pp. 11-12).
Il grande maestro T’ien-t’ai nel trattato sul Sutra del Loto scrive: «Qui il termine renge non è un simbolo, è l’insegnamento del Sutra del Loto. Tale insegnamento è puro e incorrotto e spiega minutamente la Legge di causa ed effetto. Perciò gli è stato dato il nome di renge o fiore di loto. Questo nome designa l’entità percepita nella meditazione sul Sutra del Loto, non è una metafora» (ibidem, p. 11).
La simbologia del loto ci rimanda al problema della trasformazione del karma.
Se, come abbiamo detto, gli altri sono uno specchio della causa karmica che esiste dentro di noi, cambiando questa causa l’ambiente in cui viviamo cambierà nella stessa misura.
È importante sottolineare che il cambiamento non è determinato dalla paura della punizione o dall’attesa di un premio. Il cambiamento invisibile che avviene dentro di noi e che porta a cambiamenti visibili nella nostra vita è solo quello che nasce da un’automotivazione, per decisione personale.
Se cambio per paura di una punizione, ad esempio, otterrò un effetto conseguente a quella paura; bisogna sempre ricordare che è l’intenzione o ichinen a plasmare il futuro, non l’apparenza.
Per comprendere fino in fondo la teoria del karma è necessario evitare le separazioni: comprendere che la mente non è separata dal corpo, l’io non è separato dall’altro, l’individuo non è separato dall’ambiente, la vita non è separata dalla morte, il presente non è separato dal futuro, noi stessi non siamo separati da noi stessi.
Il karma è ad ogni modo una forza profonda e difficile tra trasformare. Per vincere questa forza oscura che ci sottrae libertà e gioia sono necessarie una forte fede e una forte determinazione. Innanzitutto è importante verificare che la nostra mente sia rivolta verso il futuro. Se guardiamo al passato pieni di rimpianto o se viviamo alla giornata, senza avere un progetto, un sogno, qualcosa che ci spinga a migliorare e a porci tante domande su noi stessi e sulla vita, non faremo nessun progresso. La nostra esistenza sarà statica o retrocederà.
Nella vita quotidiana è importante mantenere sempre uno stesso ciclo: stabilire uno scopo, pregare con sincerità, sforzarsi al massimo per trovare un modo di realizzarlo (vale a dire agire) e ottenere un effetto (cioè realizzare l’obiettivo).
Non è sufficiente decidere una volta, è necessario mantenere questa decisione costante nel tempo. Ribadire con noi stessi la nostra decisione ogni volta che ci scoraggiamo, ci distraiamo o ci troviamo di fronte a un ostacolo sul nostro cammino che sembra troppo faticoso superare.
Mantenendo questo ciclo si accumulano esperienze che rafforzano la nostra fede. Ci fanno sentire che ciò che il Buddismo insegna corrisponde davvero al funzionamento della vita.
Preparare una grande determinazione è fondamentale ma non è però sufficiente. Nichiren Daishonin afferma: «Usa la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra» (ibidem, vol. 4, p. 195). Il che significa che dopo avere preso una decisione dobbiamo continuare a recitare Nam-myoho-renge-kyo. In questo modo saremo in grado di:
- manifestare la saggezza del Budda, che è superiore alla nostra saggezza di comuni mortali e ci permetterà di trovare la soluzione più appropriata;
- avere più forza vitale e intraprendere quindi l’azione migliore;
- rendere l’ambiente favorevole al nostro sviluppo.
Mantenendo questo tipo di determinazione e di pratica, come scrive Daisaku Ikeda nella Rivoluzione umana «l’impossibile si trasforma in possibile».
sabato 18 luglio 2009
Il Karma
I. Il risultato buono o cattivo non è né un premio né una punizione.
Il cosiddetto buono o cattivo risultato non è un giudizio né è dato come ricompensa o punizione da un’autorità ultraterrena come Dio. Il buono o il cattivo risultato prodotto dal buono o cattivo Karma è puramente e semplicemente un fenomeno naturale governato da leggi naturali che agiscono in modo automatico, in piena giustizia. Se Dio non c’entra niente, allora anche Dio deve agire in base a questa legge naturale. Questa causa produce questo effetto. Quell’altra causa produce quegli altri effetti. Dio non può cambiare questo processo naturale a motivo del suo gradimento o della sua avversione nei confronti di una determinata persona.
II. Il bene e il male non sono definiti da un codice di diritto umano.
Il bene e il male a cui ci si riferisce qui, non sono definiti da alcun codice o legge creati da esseri umani, se non da quei codici o leggi che seguono il sentiero naturale. Per esempio, quando all’inizio si è stabilita la democrazia negli Stati Uniti, le donne non avevano il diritto di voto. A quel tempo, le donne che ottemperavano a tale status erano considerate buone e quelle che combattevano contro di esso erano considerate in modo negativo. Tuttavia, il giudizio non era giusto. Il percorso naturale è che gli esseri umani sono tutti uguali e, di conseguenza, il sistema che dà alle donne la parità di diritti con gli uomini per poter votare è veramente quello giusto. Pertanto, quelli che si opposero alla disparità del sistema di voto furono in effetti i buoni.
Questa Legge del Karma, o di causa ed effetto, è così potente che governa tutto l'universo, secondo il Buddismo, ad eccezione di chi si è illuminato o di chi riconosce la Natura Fondamentale. Dopo l’Illuminazione, il ciclo di causa ed effetto perde il suo significato, così come con l'illuminazione cessa il Samsara, cioè il ciclo di nascita e morte. Poiché la Natura Fondamentale trascende ogni dualità ed è l’Assoluto, o Ultimo, non c'è più nessuno a riceverne gli effetti, sia buoni che cattiva, e nessuno a cui un qualsiasi effetto possa essere applicato. Questa unica spiegazione del Buddha sui benefici della legge del Karma è molto importante. Ne discuteremo in seguito.
Con questa breve spiegazione del Karma come sfondo, facciamo ora un altro passo avanti per vedere come funziona Karma. In uno dei testi Buddisti è registrato che qualcuno chiese al Buddha:
“Perché vi sono donne brutte che però sono ricche?
“Perché vi sono donne belle, ma povere?
“Perché vi sono persone povere, ma con una buona salute e una lunga vita?
“Perché alcuni sono ricchi però malati e con vita breve?
Le risposte del Buddha furono:
“Chi è brutto, ma ricco, nelle vite passate fu poco temperato, facilmente si irritava e si arrabbiava, ma è stato anche molto generoso e ha fatto offerte ai Buddha, al Dharma ed al Sangha e ha fatto elemosine a molti esseri senzienti.
“Chi è bello, ma povero, nelle vite passate è stato molto gentile, sempre sorridente e dolce nel parlare, ma è stato avaro e riluttante a fare offerte o ad aiutare altre persone.
“La persona che è povera, ma in buona salute e gode di una lunga vita, nelle sue vite passate è stata molto avara o riluttante a fare donazioni, ma è stata gentile con tutti gli esseri senzienti, non ebbe intenzione di nuocere o uccidere gli altri, e anche salvò la vita a molti esseri senzienti.
“La persona che è ricca, ma spesso malata, o che ha vita breve, nelle sue vite passate è stata molto generosa nell’aiutare gli altri, ma amava la caccia e l'uccisione, ed a causa sua gli esseri senzienti si sono sentiti spesso preoccupati, insicuri e spaventati.
Gli esempi sopra riportati ci danno un'idea del perché le persone sulla terra, quindi tutti gli esseri umani, sono così diversi in apparenza, natura, durata di vita, salute, capacità mentale e destino. Ed è ancora più interessante notare quanto le circostanze in cui una persona è nata possono influenzare il suo destino. In quale razza, nazione, colore della pelle, in quale epoca nascere, tutti questi fattori fanno una grande differenza. Non sarebbe più logico pensare che ciò che è accaduto prima della nascita possa aver causato tutti gli effetti piuttosto che dire che essi siano puramente accidentali, o addirittura a dire che quella è la volontà di Dio? Se un bambino non avesse una vita passata, allora su quale base Dio dovrebbe giudicare se premiare o punire quel bambino, facendo sì che esso nasca in circostanze diverse? Dovrebbero sempre essere presi in considerazione intenzioni, pensieri ed azioni. Ricorda:
“Non può succedere che il frutto di un atto ben fatto di corpo, parola, o pensiero possa avere un risultato che sia sgradevole, o che inciti odio o porti sventura. Ma è possibile che esso possa anche interessare gli altri...”
"L’effetto del Karma è inconcepibile!" L’affermazione del Budda suggerisce non solo la complessità degli effetti del karma, ma anche la difficoltà di prevedere quando un effetto karmico maturerà.
In linea generale, tuttavia, il Karma è come l'azione di accendere una candela. Appena è accesa, la candela immediatamente illumina l'intera stanza e durerà fino a quando non si consuma. Allo stesso modo, il Karma ha le seguenti caratteristiche:
A. Il Karma non colpisce solo colui che agisce, ma riguarda anche gli altri. L'entità del Karma determina la sfera del suo effetto.
B. La maggior parte del Karma produce un effetto immediato che durerà finchè non è consumato. La natura e l’entità di un’azione karmica determina la durata degli effetti, che possono rimanere molti anni, o che possono anche non farsi sentire fin quando non maturino altre condizioni karmiche.
C. Gli effetti Karmici possono combinarsi ed accumularsi.
Questi tre punti sono alquanto condensati. Non ho molto tempo per darvi una dettagliata descrizione di essi. Tuttavia, gli esempi successivi potrebbero aiutarvi a capire un po’ di più questi punti:
A. La scoperta dell’energia elettrica da parte di Benjamin Franklin e la conversione dell’elettricità in luce da parte di Thomas Edison hanno enormemente cambiato la vita degli esseri umani, e l'effetto è ancora in fase di sviluppo.
B. Un'azione presa dal Congresso degli Stati Uniti di modificare la legislazione fiscale immediatamente colpisce le tasche di milioni di Americani. Gli effetti possono essere sentiti nel corso della loro vita da molti Americani, e saranno sentiti anche dagli Americani delle future generazioni.
C. Il combinato e cumulativo karma del sistema di schiavitù utilizzato da molti Americani per molto tempo ha prodotto svariati effetti che negli Stati Uniti costituiscono un grande problema nazionale.
D. La scoperta teorica dell’energia atomica da parte di Albert Einstein e lo sforzo congiunto di tutti i partecipanti al Progetto Manhattan produsse così complicati effetti, buoni e cattivi, che probabilmente solo ora stiamo cominciando a capire il significato di questi sviluppi.
III. Un confronto tra l'entità degli effetti di vari tipi di Karma.
Questi raffronti sono registrati in molte scritture Buddiste. Citerò alcuni esempi che permetteranno di farsi una propria idea di come una persona può creare effetti karmici di maggiore portata.
A. Un giorno, mentre camminava per strada, il Buddha incontrò un mendicante che era un cosiddetto ‘intoccabile’ nella rigorosa società di caste in India di quel tempo. Non solo il Buddha fu amichevole con lui, ma accettò il mendicante come discepolo nel suo ordine del Sangha. Questa azione ebbe un effetto che fu infinitamente più grande dell'accettazione di un principe come suo discepolo.
B. Quando il monaco Bodhidharma andò dall’India in Cina, egli fu accolto con favore dall'imperatore Liang. L'imperatore gli chiese, "Che merito ho acquisito dato che ho costruito così tanti templi, eretto così tante pagode, ho fatto così tante offerte al Buddha, Dharma e Sangha, e ho fatto numerose altre opere virtuose?" Bodhidharma deluse molto l’imperatore Liang, rispondendo così: "Maestà, non vi è alcun merito di sorta. Non hai ottenuto nessun merito. Ciò che hai fatto produce solo ricompense mondane, che sono buona fortuna, grande potere, o grande ricchezza nelle vostre vite future, ma tu dovrai ancora vagare nel Samsara…".
C. Il Buddha sottolineò spesso che studiare, e spiegare agli altri anche solo poche frasi degli insegna-menti che mostrano come liberarsi dal samsara crea un merito infinitamente più grande che non fare grandi offerte ai molti Buddha in tutto l'universo, che sono numerosi come i granelli di sabbia del grande Fiume Gange.
D. Il Buddha ha insegnato anche questi principi:
• Chi fa numerose offerte al Buddha, Dharma e Sangha, aiuta gli esseri senzienti, e compie molte buone azioni, e però dedica tutti i meriti così accumulati all’interesse proprio o dei suoi parenti, come il guadagnare più denaro o godere di una più lunga o migliore vita presente o futura, produce effetti limitati.
• Chi fa le stesse opere buone, ma dedica tutti i meriti al salvare gli esseri senzienti dalla sofferenza nel Samsara riceve molto più merito rispetto a quello fatto a fini egoistici.
• Infine, uno che fa le stesse buone azioni senza alcun scopo specifico o desiderio, riceve dei meriti infinitamente maggiori rispetto ai due casi di cui sopra.
In una successiva elaborazione di ciò che è stato detto sopra, riguardo alle parole del Buddha, come pure l'incontro tra Bodhidharma e l’imperatore Liang, non importa di quale azione si tratta, in materia di azioni, o di quali meriti o non meriti che possono o non possono venirne, ciò che segue dovrebbe essere rimarcato:
• L’imperatore Liang invitò Bodhidharma nella sua capitale Nanjing (Nanchino). L'imperatore era un devoto del Buddismo, e spesso indossava indumenti Buddisti e recitava preghiere Buddiste. Egli era, tuttavia, assai più orgoglioso del suo inflessibile e incondizionato sostegno verso il Buddismo di tutto il suo intero regno. Insuperbito delle sue conoscenze e dei contributi verso il Buddismo, egli chiese a Bodhidharma, "Da quando sono salito al trono, ho costruito molti templi, pubblicato numerosi Sutra e sostenuto innumerevoli monaci e monache. Quanto grande è il merito di tutto questo?"
"Nessun merito di nessun tipo" fu la sconvolgente risposta di Bodhidharma.
Ora, l'imperatore pensò che spesso aveva sentito insegnamenti da maestri di fama che avevano detto, "Fai il bene, e riceverai il bene; fai il male, e riceverai il male. La Legge di Causa ed Effetto è immutabile, gli effetti seguono le cause come l’ombra segue la figura". Ma ora, costui dichiara che io non ho ottenuto nessun merito. Così, l'imperatore restò alquanto perplesso.
L'imperatore non era riuscito a capire le parole di Bodhidharma, che significavano che uno non sta realmente praticando il Buddhadharma, se fa il bene con il desiderio di ottenere merito per se stesso. Egli sarà più interessato a soddisfare il proprio ego, o a promuovere il proprio benessere, oppure per il vantaggio di essere riconosciuto e apprezzato dagli altri.
IV. Karma e Libero Arbitrio.
Questo argomento è stato discusso spesso. La domanda è: "C'è spazio per il libero arbitrio, nella legge del Karma?" Una domanda più forte è: "Il libero arbitrio potrebbe non essere semplicemente un’opinione soggettiva? Il cosiddetto libero arbitrio è anche un effetto del Karma?".
Per la maggior parte degli Indù e delle scuole di pensiero religiose dell’India, soprattutto quelle più antiche, credevano e promossero il concetto che il Karma opera in maniera retta, con le azioni del passato che influenzano il presente, e le azioni presenti che influenzano il futuro. Di conseguenza, davano poco spazio al libero arbitrio. Molte di queste interpretazioni hanno poi permeato la cultura e il pensiero occidentale, tanto che il Karma finì con l’essere un tipo di concetto di inflessibile "destino" o "fato".
Tuttavia, il Karma opera più strettamente secondo la visione Buddista, come formulata dal Buddha, agendo più o meno con reazioni circolari, con il momento presente che è formato sia di azioni del passato che del presente; e le azioni presenti formano non solo il futuro ma anche il presente. Questa costante apertura all’input presente nel processo di causalità rende possibile il libero arbitrio. Questa libertà è simboleggiata nell’immagine che i Buddisti usano per spiegare il processo: l'acqua che scorre: A volte il flusso dal passato è così forte che si può fare poco se non restare fermi, ma ci sono anche momenti in cui il flusso può essere deviato in quasi tutte le direzioni. (fonte)
Per ulteriori chiarimenti per quanto riguarda la possibilità di modificare o cambiare l'esito del Karma, o come dice il Buddha, "per deviare il flusso in quasi tutte le direzioni" vedere: “SIDDHI, Chaos Magic e Joriki: Mind Power in Zen Tradition”. Vedi anche “Mantras, Mantrams and Chants”, e “Chi Kung”, e “The Power of the Shaman:Where Does It Come From” e “Diablero”.
Potremmo trovare molti esempi che sembrano indicare che non vi è spazio per il libero arbitrio nella Legge del Karma. Significa forse che il destino di una persona è determinato dal suo Karma passato, che una persona non ha alcun modo per cambiarlo? Come si è visto sopra, nella visione Buddista del Karma non è proprio così. Allora, come e perché, si può cambiare il proprio destino?
Si consideri, ad esempio, il testo di Dogen Zenji, "Hotsu Bodaishin", nel dodicesimo fascicolo, in cui egli enfatizza il "sorgere della 'mente-Bodhi'(bodaishin), che comporta il voto di salvare tutti gli altri prim’ancora di se stessi (ji mitokudo sendota)". Se la causalità non è altro che l’essere 'a' quindi necessariamente l’essere 'b', allora "Hotsu Bodaishin" diventa assurdo, dal momento che nessun altro agente causale diverso dal ‘Sé’ può quindi avere nulla a che fare con la salvezza. Ciò, chiaramente, implicherebbe una sorta di personale causalità atomica, in cui il ‘Sé’ è isolato da tutte le influenze "esterne" - proprio il tipo di posizione che Dogen si preoccupa di evitare.
Dobbiamo inoltre ricordare che le azioni positive producono Karma positivo, ed il Karma positivo interagisce con il Karma negativo. Nel dodicesimo fascicolo del "Kuyo Shobutsu" di Dogen, si legge che "Può esservi un grande frutto da piccole cause, e un grande beneficio da piccoli atti". E qui si implica che il Karma soteriologico è più potente del Karma negativo. Ancora, nel dodicesimo fascicolo del "Sanji-go", leggiamo una storia tratta dall’ “Abhidharma-mahaavibhaasaa-saastra”(Sezione 69) che racconta di un uomo buono (in questa sua vita), che, al momento di morire, scopre che sta per rinascere in un inferno. All’inizio è risentito, poiché egli credeva di esser destinato ad una rinascita in Cielo. Ma poi realizza che la sua rinascita infernale è dovuta al male che egli aveva fatto in una vita precedente. Questa realizzazione (cioè, saggezza) ha modificato il suo Karma, così che egli in realtà si troverà a rinascere in un regno celeste.
Questi passaggi mostrano che Dogen non aveva una visione semplicistica e deterministica del Karma.
Per Dogen, il Karma non è una statica, sostanziale e lineare ‘serie’ di cause ed effetti. C'è sempre la possibilità di cambiamento, soprattutto attraverso la realizzazione della saggezza spirituale. Dogen, quindi, senza negare la struttura causale della vita e della pratica, respinge una interpretazione rigida del Karma, in favore di un universo fluido, karmicamente interdipendente, che dipende dalle nostre stesse azioni e dalla comprensione, come parte della sua struttura causale.
Per aiutarvi a comprendere che il destino non è affatto predeterminato da un Karma del passato, devo chiedervi di ricordare quanto ho detto prima circa la nostra natura fondamentale: ‘Causa ed effetto, proprio come la nascita e la morte, perdono il loro significato a livello di Essere Illuminato, perché a livello della natura fondamentale non c'è nessuno che possa ricevere l'effetto del Karma, sia positivo che negativo. Quindi, per assurdo, quando si è diventati Illuminati, la legge del Karma non è più applicabile. Tutto ciò che l'Illuminato fa, dice, o pensa, lo fa, lo dice e lo pensa attraverso il libero arbitrio, una manifestazione della natura fondamentale, e non per l'effetto del Karma passato.
Tutti gli insegnamenti del Buddha mirano ad un unico obiettivo: cioè, ad identificare se stessi con la propria natura fondamentale. Tutti i suoi metodi sono concepiti per consentire che uno a poco a poco entri in armonia con quella sua natura fondamentale.
Ora, la natura fondamentale possiede tutti i tipi di buone qualità umane, come la amorevole gentilezza, la compassione, la gioia, e l'equanimità. Tutte queste buone qualità possono generare buon Karma, il quale produce effetti positivi. Pertanto, nel corso del processo di coltivazione della armonia con la natura fondamentale, queste buone qualità saranno pian piano rivelate, come un occasionale raggio di sole che penetra attraverso una oscura e densa nube. Queste rivelazioni sono i veri prodotti del libero arbitrio di una persona. Poiché un tale libero arbitrio crea un buon Karma, e poiché il buon Karma produce effetti positivi, che a sua volta sono buon Karma per il successivo effetto, e così via, una persona ha quindi il potenziale per diventare Illuminata, riconoscere la natura fondamentale, e così diventare un Buddha.
Così, uno non solo potrà eliminare il Samsara, ma potrà anche ottenere la perfetta compassione e saggezza, necessaria per insegnare agli altri esseri senzienti come seguire lo stesso Sentiero.
Il Karma è un argomento così importante e vasto, che potrei stare a parlarne per ore senza esaurire il materiale. Temi come questi che seguono, potrebbero essere assai interessanti:
1. Possono il Karma buono ed il Karma cattivo compensarsi reciprocamente?
2. Il Karma può essere cancellato?
3. Possono gli effetti del cattivo Karma essere minimizzati con la confessione e il pentimento?
Per esempio, la Bhakti si differenzia nettamente dalle credenze tradizionali Indù e dal pensiero di base Buddista sul Karma. Questa forma di credenza del Karma da parte della Bhakti, differisce dalla ordinaria concezione di un karma che consuma, o elimina, il Karma buono e cattivo che l'individuo ha sviluppato, o acquisito, nelle vite precedenti. Nel concetto della Bhakti, il Karma è messo da parte; il devoto infatti si aspetta che il Signore restituisca Amore per amore, ed ignori il predestinato corso del Karma. La questione se il Signore si atterrà alla ferrea legge del Karma, o grazie alla bhakti glielo rimuoverà, elargendogli la sua grazia, rimane nelle mani delle caste sacerdotali, senza soluzione.
Si veda il punto n. 2 qui sotto, e si consideri cosa succede se si può cambiare il concetto di Signore, come citato sopra, con il concetto di ‘identificare se-stessi con la propria ‘natura-fondamentale’.
Con l'idea generale del Karma che ho presentato, voi potreste essere in grado di trovare le risposte a queste questioni. In conclusione, desidero sottolineare due punti:
1) Il buono o il cattivo Karma produrranno inevitabilmente i loro rispettivi effetti. Le nostre quotidiane azioni, parole e pensieri, influenzeranno il nostro futuro. Una persona saggia, quindi, sa bene che deve vivere correttamente.
2) Ricordatevi che la legge del Karma si può arrestare e ci si può liberare dal Samsara solo attraverso l'identificazione con la propria ‘natura-fondamentale’. Il modo come si può gradualmente identificarsi con la ‘natura fondamentale’, e realizzare che essa è proprio ‘se-stessi’, è l'essenza dell’insegnamento del Buddha. Vi consiglio sinceramente di studiarlo e di praticarlo.
Tra tutti gli ostacoli alla nostra coltivazione dell’Illuminazione, l’ostacolo più grande è il nostro erroneo concetto del ‘Sé’. Questo è il cuore di tutta la nostra ignoranza e sofferenza. Per saperne di più su come ridurre questo erroneo concetto si veda: DEATH OF THE EGO: A Buddhist View.. Per alcuni approfondimenti e potenziali "risposte" alle tre domande poste in apertura di paragrafo di questa sezione vedi: WHAT THE BUDDHA SAID.
Fondamentalmente, la nostra esperienza come la viviamo, non è diversa da quella dei maestri Zen. Il modo in cui siamo diversi, è che noi abbiamo una sorta di nebbia, un particolare tipo di sovrapposizione concettuale su quella esperienza, e poi facciamo un investimento emotivo su quella sovrapposizione, sostenendo che essa è "reale" in sé e per sé.
Ecco ciò che dice un saggio Indiano contemporaneo, Ramesh S. Balsekar, nel suo libro: “Libero Arbitrio, o Destino… A chi importa?”
"Nulla accade che non debba accadere, gli individui sono semplicemente dei personaggi all’interno di una commedia. Non c’è nessuno a cui dobbiamo nulla e nulla ci deve essere restituito; per questo non ha senso porre questioni riguardanti il biasimo o l’errore".
Quando un ricercatore analizza e pondera l’insegnamento di Ramesh per la prima volta, anche se ha iniziato la sua ricerca da moltissimi anni, resta spesso esterrefatto. Certi Maestri insegnano a combattere l’ego, o ad uccidere l’ego. Invece Ramesh suggerisce di accettarlo: "Chi ha creato l’ego? La Sorgente lo ha creato e, in determinati casi, la Sorgente stessa lo sta distruggendo".
Ramana Maharshi era solito dire: "La vostra testa è già in bocca alla tigre". Questa sua famosa frase significa che non si può evitare il processo avviato dalla Sorgente e tanto meno tentare di combattere l’ego. Continuando a combattere l’ego, la tigre manterrà la bocca aperta per secoli. Accettando l’ego la tigre lo eliminerà in tre secondi, in un sol boccone.
“ESSENDOCI QUESTO, QUELLO SUCCEDE, SENZA DI QUESTO, QUELLO NON ACCADE”.
(SRI Ramana Maharshi)
giovedì 16 luglio 2009
IL PRINCIPIO DI " ICHINEN SANZEN "
IL PRINCIPIO DI ICHINEN SANZEN
I TREMILA REGNI E LA VITA
Secondo T’ien-t’ai il Sutra del Loto è l’insegnamento supremo, perché contiene il principio di ichinen sanzen (tremila condizioni in un solo istante di vita) che rivela il mistico rapporto fra la Legge e i fenomeni; ichinen sanzen è l’intuizione della Legge contenuta nella sua vita.
Ichinen sanzen significa tremila condizioni nell’unica mente; ichinen (una sola mente) è l’espressione filosofica della natura immutabile della Legge dell’universo; sanzen indica la pluralità di fattori che rappresenta il mondo fenomenico. Questi due concetti insieme racchiudono unità e molteplicità, realtà e apparenza.
Gli insegnamenti provvisori esposti prima del Sutra del Loto sostenevano che tutti i fenomeni derivano dalla mente, nel Sutra del Loto mente e fenomeni sono “due ma non due” e che l’uno non può esistere senza l’altro. La relazione fra ichinen e sanzen è come una goccia d’acqua che non differisce in alcun modo dall’oceano stesso.
Solo partendo dall’esame delle tremila condizioni che ci definiscono e ci delimitano, è possibile percepire la Buddità presente nella nostra vita.
Ichinen sanzen, è uno dei principali concetti dell’insegnamento Buddista. Come tutti i principi buddisti, è estremamente facile e complesso, ma essenziale, per capire il perfetto funzionamento della vita, con tutto ciò che comporta.
ICHI = uno
NEN = istante TREMILA REGNI IN UN SOLO ISTANTE DI VITA
SANZEN= tremila
La teoria di ichinen sanzen fu sviluppata in Cina, nel VI secolo d.C. da T’ien-t’ai, teorico buddista, insignito del titolo di Grande Maestro dalla corte imperiale: basò la sua teoria sul Sutra del Loto che, anche per merito suo, arrivò ad essere considerato il supremo insegnamento del Budda.
Ichinen - "uno" ma anche "una mente" o "un pensiero" e si riferisce alla vita che si manifesta in ogni momento della nostra esistenza.
Sanzen - "tremila", indica i fenomeni dell’universo: il numero tremila deriva dalla moltiplicazione dei diversi principi contenuti e costituenti ichinen sanzen.
Questo fondamentale principio mostra la compenetrazione, momento per momento, tra il mondo fenomenico e la realtà fondamentale della vita, per cui tutti i fenomeni esistono in ciascuno degli istanti di una vita individuale, e che in ogni istante esiste un illimitato potenziale. Semplicemente significa che in un singolo istante, che viene paragonato alla durata della sessantesima parte di uno schiocco delle dita, è contenuto ogni possibile sviluppo di vita: in particolare sono sessantacinque gli istanti in uno schiocco di dita. Secondo il Buddismo la durata temporale di un istante è infinitesimale e tutti questi momenti ridottissimi, fluiscono ininterrottamente dal passato, al presente, al futuro attraverso un tempo che non ha inizio, né fine. La vita trascende il tempo, perché in sé rimane immutata, come "sospesa" e indipendente, perché eterna:
"L’entità non è esistenza né non esistenza; né causa né circostanza; né se stessa né un’altra; né quadrata né rotonda; né corta né lunga; né sorgente né calante; né nascita né morte; né creazione né apparenza, né artificio (...) né blu né gialla, né rossa né bianca; né scarlatta né purpurea, né di alcun altro colore".(Sutra degli Infiniti significati)
La visione buddista del mondo prescinde dai confini di nascita e morte, nel senso che la realtà fondamentale di tutti i fenomeni, è rivelata ovunque, in me, negli altri, negli esseri senzienti e insenzienti e che, alternandosi, appare concretamente nella fase manifesta chiamata VITA e si ritira nella fase latente detta MORTE.
"Il Tathagata percepisce il vero aspetto del triplice mondo esattamente com’è.
Non vi è nascita né morte, non vi è esistenza in questo mondo né estinzione"
(Sutra del Loto, Durata della vita del Tathagata)
Tathagata – colui che è giunto dalla verità. E’ uno dei dieci titoli onorifici del Budda. Secondo l’insegnamento del Budda Shakyamuni, contenuto nel Sutra del loto, noi tutti siamo in grado di diventare Budda perché dotati a livello di potenziale.
Secondo Nichiren Daishonin "vero aspetto" contiene, sia ciò che è eterno sia ciò che è mutevole, quindi nascita e morte sono due funzioni intrinseche della vita eterna. Nascita e Morte sono espressioni dell’eternità della vita, e questa immutata ed eterna realtà è i fenomeni di nascita e morte: possiamo liberarci dalle sofferenze causate da tutto quello che è mutevole, solo quando ci risvegliamo alla verità senza tempo contenuta nel nostro ichinen. Quindi, in questo senso, noi diventiamo Tathagata = Risvegliati, cioè consapevoli.
Ogni istante trascende la nascita e la morte, ma anche il tempo e lo spazio, per cui ogni forma di vita è legata eternamente l’una all’altra nella totalità della vita mantenendo, contemporaneamente, la sua unicità.
" Alla luce del Sutra del Loto, la frase "tremila mondi in un istante di vita" ha due significati: contenere e permeare. Da un lato l’intero universo è contenuto in ogni istante, dall’altro ogni istante permea l’intero universo. Ogni istante è una particella di polvere che possiede gli elementi di tutte le terre nell’universo, o una goccia d’acqua la cui essenza non differisce in alcun modo dal vasto oceano" (Nichikan Shonin, Il triplice insegnamento segreto)
T’ien-t’ai, nel suo trattato, Grande concentrazione e introspezione, spiega come si struttura la dottrina di ichinen sanzen:
"Ogni singola entità di vita è dotata di dieci mondi e ogni mondo a sua volta contiene tutti gli altri. Si hanno così cento mondi. Poiché ogni mondo contiene trenta regni dell’esistenza, in cento mondi esistono tremila regni; questi tremila regni sono tutti presenti in una singola entità di vita.(…) Se non c’è vita, il discorso è chiuso, ma se c’è anche la più piccola forma di vita, essa contiene tremila regni."
Tremila:
10 mondi – ogni mondo contiene oltre a sé stesso gli altri 9 = 100 mondi
100 mondi – ognuno dei 100 mondi è dotato dei 10 fattori = 1000 fattori
1000 fattori – ognuno di questi fattori opera in 3 regni = 3000 regni
"10 Mondi": si riferisce a 10 condizioni esistenziali: Inferno, Avidità, Animalità, Collera, Umanità, Cielo, Apprendimento, Illuminazione parziale, Bodhisattva, Buddità. Queste condizioni non sono fisse ma variabili e si manifestano in ogni forma di vita e in ogni momento. Per ogni mondo che emerge gli altri 9 sono presenti, ma in latenza, così, nell’insieme diventano 100.
"10 fattori" sono: aspetto, natura, entità, potere, azione (o influenza), causa interna, relazione (o causa esterna), effetto latente, retribuzione (o effetto manifesto), e la loro coerenza dall’inizio alla fine. Ogni mondo contiene questi fattori.
"3 regni": regno delle 5 componenti della vita (forma, percezione, concezione, volizione, coscienza), regno degli esseri viventi, regno dell’ambiente.
Il principio di ichinen sanzen, basato sul Sutra del Loto, spiega che la mente o istante di vita, e il mondo fenomenico sono "due ma non due", vale a dire che tutti i fenomeni sono manifestazioni della realtà fondamentale che, a sua volta, esiste solo nei fenomeni mutevoli, perciò qualsiasi fenomeno nell’universo, essendo manifestazione del nostro ichinen, diventa una cosa sola con esso, in modo che ogni essere individuale sia direttamente collegato ad ogni altro fenomeno dell’universo. Visto che in ogni essere esistono i tremila regni, ogni fenomeno esiste perché interrelato agli altri. Secondo ichinen sanzen, ogni individuo possiede il potenziale per risvegliarsi all’eternità e illimitatezza della vita e, diventare così, un Budda, ma, purtroppo, generalmente, si tende ad ignorare questo potenziale, per cui, T’ien-t’ai indica due diversi generi di ichinen sanzen: teorico e reale.
Quello teorico è la vita dei comuni mortali, intendendo le persone non illuminate che, sperimentano tutti i 9 mondi in modo attivo, ma in cui, la Buddità, rimane latente.
Quello reale è il contrario, cioè è la percezione della vita del Budda, dove il mondo di Buddità si manifesta attivamente.
Nel Sutra del Loto, nel 2° capitolo, il Budda spiega l’ichinen sanzen teorico, affermando che la Buddità esiste in potenza in ogni persona dei 9 mondi, mentre nel 16° capitolo, intitolato Durata della vita del Tathagata, l’ichinen sanzen è reale, perché la Buddità è manifesta nella vita del Budda.
Secondo il Buddismo di Nichiren Daishonin , anche in questo capitolo l’ichinen rimane teorico, perché è descritto solo come effetto e non rivela la causa che ha permesso a Shakyamuni di illuminarsi, e non chiarisce la realtà fondamentale.
DIECI MONDI
"Immaginate che sia lunedì mattina. Avete appena spento la sveglia che vi ha risvegliato da un sonno profondo e pacifico. Con un grugnito vi spingete fuori dal letto e aprite le tende. Sta piovendo. Vi vestite e andate in cucina dove accendete il fornello, date da mangiare al gatto e vi sedete per fare colazione. Notate con interesse sul retro della confezione dei cereali che la vostra dose di fiocchi di cereali fornisce almeno un quarto della quantità consigliata a un adulto delle vitamine B1, B2, B6 e B12, la stessa necessaria al fabbisogno quotidiano; proprio in quel momento sentite un rumore proveniente dalla buca delle lettere: è passato il postino. Nella cassetta ci sono due lettere, una dell’azienda elettrica, l’altra dell’ufficio delle tasse. Temendo il peggio, decidete di aprire prima la fattura dell’elettricità. E’ una cifra enorme. Anzi, è oltraggiosa. Sicuri che quegli stupidi burocrati dell’azienda elettrica debbano aver commesso un errore, decidete di scrivere loro una lettera di protesta appena arrivate al lavoro. Ma è stato un inverno freddo e voi avete lasciato il riscaldamento acceso quasi tutta la notte, quasi tutte le notti. Il cuore vi si stringe. Potrebbero aver ragione, dopo tutto. E se hanno ragione, le vostre vacanze estive sono in pericolo. Sentendovi estremamente depressi, aprite l’inquietante busta marrone del Ministero delle finanze e…un rimborso delle tasse! Più che sufficiente per pagare la fattura dell’elettricità, giusta o sbagliata che sia, e le vacanze. Urlate di gioia e vi precipitate al lavoro, incuranti della pioggia scrosciante…
A parte il rimborso delle tasse, quella precedente potrebbe essere la descrizione di una normale e perfettamente ordinaria mattinata, come viene vissuta (con le dovute varianti) da milioni di persone ogni giorno in tutto il mondo. Durante questo breve spaccato di vita quotidiana, però, avete sperimentato nove dei dieci mondi."(R. Causton, I Dieci Mondi, esperia, Milano 2004)
I dieci mondi sono condizioni che sperimentiamo continuamente nella nostra vita e che, alternativamente, si manifestano.
(clicca sulle parole dell'elenco per approfondimenti)
Inferno
Avidità
Animalità
Collera
Umanità
Estasi o Cielo
Apprendimento
Illuminazione parziale
Bodisattva
Buddità
La teoria dei 10 mondi ha origine nella cosmologia che sosteneva esistessero 10 distinti regni, dove le persone rinascevano secondo la natura del karma accumulato: il mondo di Umanità è il mondo degli esseri umani, quello di Animalità, delle bestie, Cielo è dove dimorano gli dei, ecc.. Nella dottrina di ichinen sanzen questi non sono luoghi fisici ma stati della nostra vita che viviamo continuamente momento per momento, in interazione e reazione all’ambiente.
In realtà non è possibile una classificazione reale dei dieci mondi, in quanto non compaiono in un ordine prestabilito, ma sono intrecciati tra di loro e mutano in continuazione a seconda dell’individuo. Anche se non è una rappresentazione comunque corretta, è un tentativo per descrivere come questi diversi stati siano fusi insieme, seppur separati e tutti presenti contemporaneamente ma, allo stesso modo, uno per volta.
"…torniamo alla descrizione di quell’inizio di giornata ordinaria. In primo luogo, quando siete addormentati siete nello stato di Umanità, o tranquillità. Dormire non significa automaticamente essere tranquilli. Se avete un incubo, per esempio, siete nello stato d’Inferno; se i vostri sogni riguardano la persona amata siete nella condizione di Cielo, oppure no, a seconda del caso. Poi suona la sveglia. Vi svegliate perché è stata attivata la vostra condizione di animalità, che in questo caso si manifesta con l’istinto della paura. Appena vi svegliate vi rendete conto che non siete attaccati e la consapevolezza di dover uscire dal vostro comodo e caldo letto per affrontare ancora una volta i rigori del mondo vi fa piombare, anche se solo momentaneamente, nell’Inferno. E rendervi conto che fuori piove non vi aiuta affatto a uscire da quello stato. Mentre vi state vestendo, tuttavia, l’animalità si impone nuovamente nel momento in cui cominciate a sentire fame. Potreste logicamente pensare che il fatto di sentirvi affamati significhi che siete nello stato di Avidità, ma come spiega (..) Daisaku Ikeda: "C’è una certa differenza tra la fame la cui fonte è la voracità e quella che deriva da un normale istinto, e questa è la differenza tra coloro che sono nello stato di avidità e quelli che si trovano nell’irrazionale stato di Animalità". Spinti in cucina dall’Animalità, iniziate a prepararvi la colazione. Eppure, il vostro stato vitale cambia nuovamente quando il gatto miagola e voi ve ne rendete conto, dopo averci pensato un momento, che anche lui probabilmente è affamato. Questa consapevolezza, così come tutte le scoperte che avete fatto sin da quando vi siete svegliati, sono esempi minori del mondo di Illuminazione parziale nella vostra vita. Decidere di dar da mangiare al gatto è un esempio di attivazione della natura di Bodhisattva, mentre leggere il retro della confezione dei fiocchi di cereali vi fa entrare nello stato di Apprendimento. Poi arrivano le lettere. Il timore che queste possano contenere cattive notizie è un altro esempio di Animalità, e la vostra convinzione che la fattura dell’elettricità sia sbagliata esemplifica lo stato di Collera. E’ importante notare che non si deve necessariamente essere arrabbiati per trovarsi nello stato di Collera. La collera qui è caratterizzata da un atteggiamento litigioso e arrogante nei confronti degli altri, "gli stupidi burocrati" dell’azienda elettrica, in questo esempio. Non importa che il conto possa davvero essere sbagliato. La Collera si palesa nella vostra convinzione automatica di essere nel giusto. Un momento dopo, mentre ripensate all’inverno appena passato, la Collera scivola via e riappare l’Inferno. Il vostro sogno di una vacanza estiva, un’autentica manifestazione dello stato di avidità, il mondo dei desideri, sembra diventare impossibile. Ma poi, mentre scoprite di aver usufruito di un generoso rimborso delle tasse, il mondo di Cielo esplode nella vostra vita. In effetti è così forte che cambia completamente il vostro atteggiamento nei confronti della giornata. Le cose che prima spingevano lo stato d’Inferno a manifestarsi, come le condizioni meteorologiche e il pensiero di dover andare al lavoro, ora sembrano non essere poi così brutte. Ma esse non sono cambiate, siete cambiati voi, almeno una dozzina di volte da quando vi siete alzati dal letto…"(R. Causton, I Dieci Mondi, esperia, Milano, 2004)
E’ importante tenere presente che i Dieci Mondi non sono un’esclusiva degli esseri umani, ma di ogni cosa conosciuta, dalla più piccola all’infinito dell’Universo: li possiede un filo d’erba, uno squalo, la macchina del caffè, l’Oceano, un violino, il cielo, Marte, ogni cosa. Il nostro stesso sistema solare è un esempio di struttura dei Dieci Mondi, visto che è stato scoperto il decimo pianeta, lontanissimo da noi, ma presente: ciò può far supporre l’esistenza di infiniti universi contenenti dieci pianeti ciascuno. Per il buddismo, il nostro pianeta (mondo) è quello più basso, il "mondo di saha", cioè della sofferenza.
IL MUTUO POSSESSO
“Il concetto di ichinen sanzen inizia con la comprensione del mutuo possesso dei dieci mondi o stati dell’esistenza” (Nichiren Daishonin, “L’apertura degli occhi”, Gosho, vol.1)
Muto possesso, o inclusione reciproca, indica che ognuno dei dieci mondi comprende tutti gli altri. In ogni momento della vita i dieci mondi sono presenti, ma si manifestano uno alla volta, vale a dire che, una condizione prevale, e le altre nove esistono in stato di latenza: continuamente i mondi si susseguono, manifestando ora l’uno, ora l’altro, senza un ordine crescente o decrescente, ma a seconda delle condizioni in cui ci si trova. Questo mette in evidenza che i dieci mondi non sono condizioni statiche ma dinamiche e che, pur diversi tra loro hanno tutti la potenzialità di passare da uno stato manifesto a uno di latenza e viceversa.
Es.
Sto leggendo un libro con molto interesse. Inferno, Avidità, Animalità, Collera, Umanità, Cielo, Apprendimento, Illuminazione parz., Bodhisattva, Buddità.
Suona il telefono ed è una persona con cui ho un buon rapporto. Inferno, Avidità, Animalità, Collera, Umanità, Cielo, Apprendimento, Illuminazione parz., Bodhisattva, Buddità.
La persona mi dà belle notizie. Ciò mi rende felice. Inferno, Avidità, Animalità, Collera, Umanità, Cielo, Apprendimento, Illuminazione parz., Bodhisattva, Buddità.
Però mi chiede aiuto per un piccolo problema capitatole, e io cerco di aiutarla. Inferno, Avidità, Animalità, Collera, Umanità, Cielo, Apprendimento, Illuminazione parz., Bodhisattva, Buddità.
Mi viene in mente la soluzione adatta. Inferno, Avidità, Animalità, Collera, Umanità, Cielo, Apprendimento, Illuminazione parz., Bodhisattva, Buddità.
Ci salutiamo, attacco il telefono e, dal muro, si sente il vicino che picchia col martello, violentemente. Inferno, Avidità, Animalità, Collera, Umanità, Cielo, Apprendimento, Illuminazione parz., Bodhisattva, Buddità.
"I dieci stati da Inferno a Buddità sono attivati dunque dalla nostra relazione col mondo esterno e si manifestano sia nell’aspetto fisico sia nell’aspetto spirituale di ogni nostra attività. All’interno di un singolo individuo i dieci mondi, sebbene siano ovviamente differenti l’uno dall’altro, sono accumunati dal loro potenziale di passare dallo stato latente allo stato manifesto e viceversa.
L’idea del mutuo possesso dei dieci mondi è quindi un concetto che descrive la struttura dinamica della vita con un modello onnicomprensivo. Abbiamo già citato nell’introduzione la spiegazione di questo principio data da Nichiren Daishonin nel Gosho "Il vero Oggetto di culto": "Anche una canaglia senza cuore ama la moglie e i figli perché anche in lui esiste una parte del mondo di Bodhisattva"…Quale dei dieci mondi si manifesterà in un dato momento dipende non solo dalle influenze esterne ma anche dalle proprie tendenze di base. Una data influenza esterna non farà emergere necessariamente lo stesso mondo in due individui differenti. Naturalmente i nostri stati vitali sono in costante flusso, ma guardando da una più ampia prospettiva è sempre stato possibile individuare uno o più mondi sui quali è incentrata la nostra vita e ai quali più spesso ritorniamo; per esempio, la vita di alcune persone ruota attorno ai tre cattivi sentieri, altre fanno la spola tra i sei mondi inferiori, altre ancora sono motivate principalmente dalla ricerca della verità , caratteristica dei due veicoli. Il punto chiave del principio del mutuo possesso dei dieci mondi, che chiarisce la fondamentale eguaglianza e l’infinito potenziale di tutti gli esseri umani, è l’implicazione che ogni singolo individuo possiede il potenziale per elevare le proprie tendenze di base. In altre parole, attraverso continui sforzi nella pratica buddista possiamo gradualmente elevare le proprie tendenze di base fino a stabilire il supremo stato della Buddità come fondamento della nostra vita. Sebbene lo stato di Buddità sia impossibile da descrivere a parole, e persino da immaginare, possiamo pensare a esso come a una condizione di gioia e fiducia assolute che sperimentiamo nel più profondo del nostro essere e che esprimiamo nella nostra vita quotidiana attraverso i nove mondi." (D. Ikeda "I Misteri di Nascita e Morte")
I DIECI FATTORI
I dieci fattori (nyo ze) sono:
1) So.
2) Sho.
3) Tai.
4) Riki.
5) Sa.
6) In.
7) En.
8) Ka.
9) Ho.
10) Hon makkukyo to.
La parola "nyoze" significa "in questo modo" o "come questo" ed è l’entità coerente, immutabile, la natura essenziale della vita: ognuno dei dieci mondi contiene in sé i dieci fattori. Essi permettono di esaminare e comprendere ogni stato transitorio della vita, cioè quelli elementi che ci fanno passare da una condizione ad un’altra.
I primi tre fattori, aspetto, natura, entità, sono un po’ diversi dagli altri, perché riguardano la vita in sé,e sono detti "statici", mentre gli altri riguardano le funzioni della vita, perciò sono chiamati "dinamici" , mentre l’ultimo è diverso da tutti gli altri nove.
Il fattore dell’Aspetto corrisponde alla Percezione Transitoria (ketai).
La Natura Innata corrisponde alla Percezione del Latente (kutai).
L’Entità corrisponde alla vera Percezione della Via di Mezzo (chetai).
Le Tre Percezioni (santai), sono inseparabili e ognuna contiene le altre due.
Nyoze-so: Aspetto, il primo dei fattori statici. L’aspetto è la parte fisica e tangibile della vita e comprende anche il corpo, il comportamento. Nichiren Daishonin scrive: "L’aspetto è il corpo. Il secondo volume di "Il profondo significato del Sutra del Loto" (Hokke Gengi, un’opera di Chihi) spiega che ‘l’apparire si manifesta esternamente e si può discernere guardando ’".
.
Il riuscire a vedere i corpi non è riferito solo alla percezione ottica ma anche tutto quello che si può fare in conseguenza, come l’analisi scientifica, lo studio di tutte le forme che esistono in natura: anche le onde celebrali si possono comprendere nell’"aspetto".
Nyoze-sho: Natura, secondo fattore statico. Considera tutto ciò che non è tangibile, come pensieri ed emozioni, carattere e saggezza, perciò rappresenta la mente. Nichiren Daishonin, nel suo trattato "Tremila Mondi Possibili in ogni Momento della Vita", spiga: "La Natura Innata è eterna e inalterabile" e nel secondo volume di "Il profondo significato del Sutra del Loto": "La Natura Innata è eterna e inalterabile". Questo significa che, anche se la mente e lo spirito di una persona cambiano a seconda dell’esperienza e dell’ambiente, esiste qualcosa che rimane costante e inalterato e si riferisce alla sua individualità. Esiste in ognuno qualcosa che lo differenzia dagli altri, che definisce la sua personalità e questo qualcosa è l’elemento immutabile , senza cui la persona non sarebbe sé stessa.
Nyoze-tai: Entità, terzo fattore statico. E’ un fattore che include l’aspetto e la natura, ed è, quindi, l’essenza della vita. Nichiren Daishonin spiega: "L’entità è la totalità di noi stessi". L’entità non esiste separata dalla nostra vita, ma interno ad essa, e ne comprende gli aspetti fisici e spirituali. Quando il Daishonin dice: "L’entità è la combinazione del nostro corpo e della nostra mente", non si riferisce solo all’unione di due elementi, ma alla funzione che li integra facendoli diventare una cosa sola, l’entità: la mente e il corpo sono indissolubilmente legati.
Nyoze-riki: Potere, primo dei fattori dinamici. Nichikan Shonin, nel suo "Insegnamenti del Triplice Segreto" scrive: "Il potere è la capacità di agire in ognuno dei Dieci Mondi", ciò si riferisce alla capacità della vita di vivere, alla forza interiore, l’energia vitale connaturata alla vita stessa. Nel potere confluiscono l’energia fisica e mentale: l’energia mentale è composta dall’affettività, la voglia di vivere, la capacità di percepire la verità, la compassione. Il potere si riferisce anche alla direzione di ogni cambiamento dei fenomeni: "Nel mondo di Inferno, una persona ha poche forze stimolanti, e il suo potenziale è diretto principalmente contro la propria vita. Questo non è un potenziale creativo, ma un potenziale che porta alla morte. Nei mondi di Avidità e di Animalità, l’energia fisica è notevole e si esprime sotto forma di desideri istintivi; nel mondo di Collera la forza si manifesta come desiderio di potere; nei mondi di Umanità e di Estasi il potere appare in forma di coscienza e di ragione, mentre nei mondi di Studio e di Parziale Illuminazione si manifesta come un giudizio superiore o come intuizione. Nei mondi di Bodhisattva e di Buddità, tutto il potere si carica di compassione. La forza vitale si manifesta in modi compatibili con i Dieci Mondi della nostra vita immutabile".
Nyoze-sa: Azione, secondo fattore dinamico. L’azione o influenza è la concretizzazione del fattore precedente, il potere, e sono, tra loro, inseparabili. Il potere manifesto, nell’azione, può dare risultati sia negativi che positivi: alle volte il potere è forte, ma l’azione è debole, oppure il contrario. Molto importante è comprendere che il karma si forma con pensieri, parole e azioni, quindi, a seconda di ciò che "intendiamo" in potenza, di conseguenza si manifesterà in concreto e, secondo la Legge di Causa-Effetto ad ogni azione negativa corrisponde una reazione parimenti e viceversa. Nichikan Shonin sempre nel "Insegnamenti del Triplice Segreto" dice: "L’influenza è l’uso del pensiero, della parola o dell’azione per creare il bene o il male".
Nyoze-in: Causa, terzo fattore dinamico. Chih-i in "Grande concentrazione e discernimento (Maka Shikan)": "La causa interna è ciò che fa insorgere l’effetto latente. Viene anche chiamata karma". Mentre Nichikan Shonin scrive negli "Insegnamenti del Triplice Segreto": "Che un secondo pensiero sia buono o cattivo dipende dal fatto che il primo fosse buono o cattivo. Il primo pensiero è una causa radicata o causa interna, e il secondo pensiero è l’effetto radicato o effetto latente". Significa che un’azione che compiamo adesso ha, nel futuro, un effetto ma, sia la causa passata che l’effetto futuro, in realtà sono contemporanei nel presente. Ogni effetto che si manifesta nella nostra vita, dunque, dipende esclusivamente da noi.
Nyoze-en: Causa esterna o Relazione, terzo fattore dinamico. Si riferisce alle condizioni ambientali che attivano la causa interna: ciò intende che la vita è strettamente legata al suo ambiente. "Per fare un esempio molto semplice, se qualcuno vi colpisce e voi reagite colpendolo, il primo colpo è uno stimolo che porta al secondo, ma non è la causa ultima. Potete sostenere di aver colpito quella persona perché questa vi ha colpito, ma in realtà l’avete colpita perché voi siete voi. La causa reale è dentro di voi, pronta a essere attivata da una causa esterna. La causa esterna ha una duplice natura. Per un aspetto, agisce sull’uomo dall’esterno, per un altro, fa parte della forza vitale interiore di una persona. Viene trasformata in esperienza e condiziona successive reazioni a stimoli simili. Diventa, in breve, un elemento nella causa interna di ogni essere umano".(D. Ikeda, La Vita Mistero Prezioso)
Nyoze-ka: Effetto latente, quarto fattore dinamico. La causa interna e l’effetto latente esistono contemporaneamente, in apparenza sembrano divisi, perché separati da un intervallo di tempo, ma dentro un pensiero, un’intenzione, si forma già la conseguenza di ciò che accadrà. "…se provate avversione per qualcuno, questa avversione produce un cambiamento nella vostra vita. Entra nell’accumulo della vostra causa interna e contemporaneamente fa nascere un effetto latente. Se quella persona vi colpisse, probabilmente restituireste il colpo, in quanto l’effetto latente dell’avversione già sussiste ed è in attesa di mettersi in moto. Non c’è modo di sapere quando un effetto latente diventerà manifesto. Una volta formatosi, rimane dentro di noi fino a che la causa interna viene provocata da uno stimolo esterno"(ibidem)
Nyoze-ho: Effetto Manifesto o Retribuzione, quinto fattore dinamico. Negli "Insegnamenti del Triplice Segreto" si trova: "L’effetto manifesto, che sia buono o cattivo, è una reazione visibile alla causa interna e all’effetto latente". La causa esterna non crea da sé l’effetto manifesto, ma attiva la causa interna che, insieme all’effetto latente, produce l’effetto manifesto.
TRE REGNI
(1) Regno dei Cinque Aggregati (o Cinque Componenti)
(2) Regno degli Esseri Senzienti
(3) Regno degli Esseri Insenzienti o Regno dell’Ambiente
I Cinque Aggregati: Go-on seken.
Sono: FORMA (shiki), PERCEZIONE (ju), CONCEZIONE (so), VOLIZIONE (gyo), CONSAPEVOLEZZA (shiki).
"On significa ‘aggregato’ e il primo aggregato è la forma, che è tutto ciò che i sensi percepiscono. Il secondo è la percezione, che significa accettare o prendere qualcosa dentro di Sé. Il terzo è la concezione, che secondo il Kusha-ron, è ‘la formazione di un’immagine mentale’. Il quarto è la volizione, che significa ‘agire’. Il quinto è la consapevolezza, che significa ‘discernimento’. Il quinto volume di Grande concentrazione e discernimento (Maka Shikan), citando da Nagarjuna nel Jujubibasha-ron, dice:’Prima c’è la consapevolezza che è discernimento; poi la percezione che è l’atto di accettare; la concezione è la formazione di un’immagine; la volizione è decidere se accettare o no; la forma viene avvertita attraverso l’opera della volizione’"(Nichiren Daishonin, "Tremila Mondi Possibili in ogni Momento della Vita")
I fattori sono elencati in successione ma, in realtà, sono tutti intrecciati.Il primo fattore riguarda la materia, mentre gli altri quattro si riferiscono ad aspetti spirituali. Rappresentano l’individualità.
"I cinque aggregati spiegano l’unicità di una persona e il diverso modo di interpretare la realtà e di agire nei confronti di questa, vale a dire la personalità individuale. Ogni essere vivente, nel momento stesso del suo concepimento, viene dotato di una serie di caratteristiche fisiche e spirituali che sono frutto del karma accumulato, e i cinque aggregati rappresentato gli strumenti con cui lei o lui da quel preciso istante comincerà a reagire con la vita. Ma negli "Insegnamenti del triplice Segreto" si afferma che "la fusione temporanea dei cinque aggregati dà vita a quello che è chiamato essere senziente", dove con il termine "temporanea" ci si riferisce al fatto che l’Io non esiste in modo assoluto, bensì esprime e manifesta sé stesso con un’infinita varietà di attività mentali e fisiche che sono il frutto degli infiniti modi diversi con cui i cinque aggregati si assemblano"
"A volte soffriamo la fame e la sete del mondo di Avidità per cinquecento esistenze, senza neanche poter ascoltare il nome dei cibi e delle bevande. Altre volte subiamo la sofferenza delle ferite e uccisioni del mondo di Animalità, in cui il più grande divora il più piccolo e il debole è sopraffatto dal più forte. A volte subiamo la sofferenza dei conflitti e delle lotte nel mondo di Collera; altre volte nasciamo come esseri umani e passiamo attraverso le otto sofferenze di nascita, vecchiaia, malattia, morte, la sofferenza di doversi separare da chi si ama, di incontrare chi si odia, di non ottenere ciò che si desidera e la sofferenza che deriva dalle cinque componenti del corpo e della mente" (N. Daishonin, vol. 7, Buddismo e Società, n.104, bimestrale)
Il Regno degli Esseri Senzienti: shujo-seken.
Naturalmente il Regno dei Cinque Aggregati è legato al Regno degli esseri senzienti, in quanto: "Il Mondo degli Esseri Senzienti è il nome che si dà al mondo degli esseri senzienti nei Dieci Mondi. La fusione temporanea dei Cinque Aggregati dà vita a quello che è chiamato essere senziente. L’essere senziente più elevato si trova nello stato di Buddità e per questo motivo Il Trattato sui Sutra della Saggezza (Daichidoron) dice: ‘L’essere senziente che non ha nulla al di sopra di sé è il Budda’". (Nichikan Shonin"Insegnamenti del Triplice Segreto")
Rappresenta il mondo degli esseri viventi, esclusi gli alberi, le piante, i sassi. E’ l’insieme degli individui, cioè la società: visto che ogni individuo è composto dai Cinque Aggregati, la società è composta da un’insieme di individui che incontrandosi e scontrandosi continuamente, si condizionano reciprocamente.
Il Regno degli Esseri Senzienti è anche detto "regno solo nel nome", perché gli esseri viventi possono esprimersi solo in relazione agli altri esseri viventi: l’individuo esiste nella relazione.
Il Regno degli Esseri Insenzienti o regno dell’Ambiente: kokudo seken.
Negli "Insegnamenti del Triplice Segreto"(Nichikan Shonin) è scritto: " Il Regno dell’Ambiente è il luogo dove vive la gente nei Dieci Mondi". Secondo il Buddismo, la differenza tra esseri senzienti e insenzienti sta nei cinque aggregati: questi sono presenti tutti e cinque negli esseri senzienti, mentre negli esseri insenzienti è presente solo la forma, mancando degli altri quattro. Ma tutti, senzienti e insenzienti, possiedono la natura di Budda.
"Persino le piante, le montagne e i fiumi possiedono la natura di Budda" (Duemilauno n.77, rivista)
Il Buddismo, anche se seleziona per categorie, non concepisce nessun aspetto della vita disgiunto l’uno dall’altro, ma tutto si muove senza soluzione di continuità: il Regno dell’Ambiente è il mondo fisico dove
vivono tutti gli esseri viventi. I Cinque Aggregati interagiscono costantemente tra loro, e gli esseri viventi
si manifestano l’uno in funzione dell’altro. Parimenti tutti gli esseri viventi e l’ambiente sono legati in modo
indissolubile: a ogni essere vivente corrisponde un ambiente dove possa esprimersi, ed è il principio di
esho funi, inseparabilità di vita e ambiente.
Ogni stato vitale ha il suo ambiente, negli "Insegnamenti del Triplice Segreto"(Nichikan Shonin) si dice: "L’Inferno è la dimora di ferro incandescente e la Fame è un luogo posto cinquecento yujin sotto il mondo umano, gli esseri nello stato di Animalità vivono nell’acqua, nella terra e nell’aria, la Collera si trova o sulla spiaggia o sul fondale, l’Umanità è la vita sulla terra e l’Estasi è la vita in un palazzo, coloro che si trovano nello stato di Studio o di Parziale Illuminazione vivono in un mondo transitorio, i Bodhisattva vivono in un mondo di ricompense effettive e i Budda nel mondo eterno ‘illuminato’".
L’ambiente dell’Inferno raffigura la profonda angoscia e la prostrazione della sofferenza, l’Avidità è oppressione di non poter soddisfare i propri desideri, l’Animalità la lotta per il territorio, la Collera è il conflitto interiore, l’Umanità è la stabilità, l’Estasi la grande energia che deriva dalla soddisfazione dei desideri, l’Apprendimento e Parziale Illuminazione hanno la capacità di cambiare il loro ambiente, Bodhisattva la dedizione all’altro e Buddità la perfetta armonia del Tutto- La Legge Mistica.
"Nel Buddismo […] gli esseri umani e tutti gli esseri viventi, senzienti e non, sono uguali fra loro dal punto di vista della essenza della vita. Il che porta dalla classica, per lo più superata, visione ambientale antropocentrica, a una visione bio-centrica in linea con le più recenti linee di pensiero ecologiche. Una delle immagini del Sutra del Loto, infatti, è quella della pioggia compassionevole che cade ovunque, dando nuova linfa vitale alla terra, alle piante, agli alberi. Si tratta di un omaggio alla diversità e ricchezza degli esseri umani e degli altri esseri senzienti e non senzienti che, tutti indistintamente, manifestano il supremo valore della vita contribuendo all’armonia del mondo. In base alla teoria dei tre regni dell’esistenza, infatti, il Buddismo individua le cause degli squilibri del nostro ambiente naturale nel singolo individuo, nei suoi pensieri, nei suoi valori, nel suo comportamento, con effetti che influiscono sull’ambiente sociale, quindi sull’ecosistema, e che da qui si ritorcono nuovamente sulla società e su tutti gli esseri viventi. Viceversa, ripartendo da una profonda rivoluzione del sé, è possibile costruire una contro tendenza che produca effetti a catena opposti e contrari. Una reazione di effetti a catena che abbiano la loro origine in una sola causa: la consapevolezza di poter legare il proprio cambiamento individuale a una radicale, per quanto complessa, trasformazione della realtà. Negli Insegnamenti del triplice segreto (Nichikan Shonin) è spiegato che:
"L’universo intero è contenuto in ogni vita, in ogni momento della sua esistenza. Viceversa, ogni momento di vita permea in continuazione l’intero universo. Ogni istante di vita è un granello di polvere che contiene gli elementi di tutti i nove mondi dell’universo. E’ una goccia d’acqua la cui essenza non differisce minimante dall’essenza dell’immenso oceano".
(fonte Google)