giovedì 21 gennaio 2010

l vissuto della compassione nel Buddhismo Mahāyāna 

Nel Buddhismo Mahāyāna la "compassione" (karuṇā) rappresenta unitamente alla "saggezza" (prajñā) i due pilastri delle proprie dottrine e pratiche religiose.
La dottrina e la pratica mahāyāna della "compassione" si fondano sulla consapevolezza  della "Verità della Via mezzo"  predicata da Nāgārjuna ovvero sulla compresenza della "assolutezza"  o vacuità e della "singolarità" o "provvisorietà" in ogni aspetto della Realtà ultima per cui essendo "Tutto" privo di esistenza intrinseca, indipendente, ogni fenomeno esiste sia nella sua natura soggettiva ("convenzionale") e contemporaneamente nella sua relazione con gli altri ("assoluta") rappresentando la "singolarità" una delle molteplici manifestazioni di un'unica Realtà ultima: singole facce di un «grande brillante». Le distinzioni che la mente opera di continuo, unicamente dividendo e classificando in categorie le percezioni, sono viste, dunque, come illusorie e l’ego se non compreso anche olisticamente con l'intera Realtà è solo un'illusione poiché non esiste un io separato da tutto il resto.
Per questa ragione il Buddhismo Mahāyāna non predica il "distacco" nei confronti dei sentimenti e dei vissuti quale l'amore e la pietà, ma fonda la sussistenza di ciò sulla corretta comprensione della Realtà ultima (saggezza, sans. prajñā).
Quindi non vi può essere "compassione senza saggezza", né "saggezza priva di compassione".

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