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Oltre a
Śāriputra anche gli altri
śrāvaka, Mahā-
Kātyāyana, Mahā-
Kāśyapa e Mahā-
Maudgalyāyana gioiscono perché comprendono che pur avendo realizzato il
nirvāṇa degli
arhat possono proseguire fino alla realizzazione dell'
anuttarā-samyak-saṃbodhi, il "risveglio" profondo e completo. Per spiegare al
Buddha Śākyamuni la loro felicità, raccontano anch'essi una parabola che possiede delle somiglianze con la parabola del "Figliol prodigo" contenuta nel
Vangelo dei
cristiani. Tale parabola narra di un figlio che ha abbandonato in gioventù il padre vivendo sempre più in uno stato di indigenza. Passati dieci anni girovagando per il mondo casualmente ritorna alla sua terra di origine. Nel frattempo il padre lo aveva inutilmente cercato poiché essendo ricco era desideroso di trasferirgli i suoi immensi patrimoni. Nel suo peregrinare il figlio giunge di fronte al maestoso palazzo paterno e vede il padre riccamente adornato ma non lo riconosce, anzi pensa che possa essere un re e quindi di rischiare la cattura e decide quindi di fuggire. Il padre, che invece lo aveva riconosciuto subito, manda un inserviente a catturarlo. Il figlio, raggiunto e spaventato dall'inserviente, si dimena e quindi sviene. Il padre decide quindi di non dirgli subito la verità, ma di lasciare che egli possa scoprirla da sola. Fattolo rinvenire, lo lascia andare ma subito invia due uomini per assumerlo come servo con una buona paga. Il padre è tuttavia profondamente triste nel vedere il figlio, sporco e inconsapevole, lavorare per lui come un servo; allora si spoglia egli stesso delle sue ricchezze e travestitosi da servo lo avvicina. Progressivamente il padre fa acquisire al figlio sicurezza e consapevolezza del suo valore, fino ad affidargli la gestione dei suoi beni. Alla fine, giunto sul punto di morte, il padre chiama tutti i parenti e svela a loro e allo stesso figlio tutta la storia, lasciandogli tutta l'eredità. Così, gli
śrāvaka raccontano di aver compreso la profonda dottrina del Buddha e dopo aver superato il
nirvāṇa degli
arhat, che corrisponde alla paga del figlio in stato di servitù, affermano di aver ottenuto l'
anuttarā-samyak-saṃbodhi, che pur non avendolo desiderato è giunto loro spontaneamente, come i beni del padre sono giunti al figlio senza che egli li avesse mai richiesti.
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