mercoledì 15 luglio 2009

Relazione fra Karma e Sange

Nei principi buddisti il pentimento è chiamato sange e potremmo dire che questo passo insegna a comprendere un aspetto del significato di sange, cioè “assumersi la responsabilità”. Egli non ebbe bisogno di analizzare la causa dei disastri.

Gosho:

"Il prolungamento della vita" gli scritti di nichiren daishonin vol. 4 pag. 87



Secondo la teoria del karma, qualsiasi caratteristica della vita individuale – la nascita, le caratteristiche fisiche e psicologiche, la famiglia, il luogo e le condizioni di nascita, l’ambiente sociale e naturale, gli eventi che formano la storia personale, le gioie e i problemi, gli incontri, le malattie e la morte – non sono frutto del caso, ma sono determinati da cause poste in precedenza. Tutte le cause accumulate attraverso il nostro comportamento sono “registrate” nella vita a un livello profondo, nell’ottava coscienza, detta in sanscrito alaya o “magazzino del karma”.

Il karma determina anche il modo in cui ci relazioniamo e reagiamo agli eventi che ci accadono; cioè orienta il nostro comportamento nel presente, che a sua volta diviene la causa karmica che si manifesterà nel futuro.

Dal punto di vista dello scorrere del tempo, la vita può dunque essere vista come un eterno flusso, determinato dalla legge del karma, in cui le cause poste producono effetti i quali, a loro volta, determinano nuove cause. Da questo punto di vista sembra assai difficile modificare anche di poco il flusso karmico, che assomiglia alla corrente impetuosa di un torrente che trascina a valle la nostra vita.
In base alla sua capacità di influenzare la vita, il karma può essere distinto in mutabile e immutabile.

Il karma immutabile, che può essere sia positivo che negativo, deriva da cause molto forti create nelle vite passate. Ad esempio, vi sono quattro tipi di azioni che creano karma immutabile:

1) azioni derivanti da passioni e desideri incontrollabili o, nel caso del karma positivo, da una mente profondamente pura;

2) azioni, negative o positive, ripetute costantemente durante la vita di una persona [Il comportamento ripetuto crea una “tendenza karmica”];

3) azioni, negative o positive, rivolte al tre tesori del Buddismo;

4) azioni, positive o negative, rivolte ai propri genitori.




Il karma mutabile non si manifesta in un modo e in un momento predefinito, e può essere trasformato grazie alle proprie capacità personali. L’effetto del karma immutabile è invece prefissato, e compare in un momento preciso della vita di una persona.

Esempi di karma immutabile sono l’aspetto fisico e le caratteristiche di base della personalità di un individuo, l’apparire di una grave malattia e la durata della vita.
Trasformare il karma immutabile è un’impresa estremamente difficile. Ma in questo brano Nichiren afferma che un pentimento sincero potrà sradicarlo. Il “pentimento” di cui parla il Daishonin (sange in giapponese) non ha nulla a che fare con il sentimento di rimorso per gli errori commessi. Pentirsi è prima di tutto riconoscere e accettare le proprie responsabilità riguardo al passato, al presente e al futuro. Questa presa di coscienza può sembrare un peso che non ci lascia via d’uscita: se abbiamo posto noi le cause che ci fanno soffrire non possiamo lamentarci, né accusare nessuno. Essa è invece la chiave per spezzare le catene del destino. Chiedere scusa al Gohonzon, alla propria natura illuminata, ha il valore sostanziale di riconoscere i propri errori, ma anche di assumersi la responsabilità di ricominciare, sforzandosi non solo di non ripeterli, ma di orientare i propri pensieri, le proprie parole e le proprie azioni in una direzione differente.

Sange è la lotta interiore da cui nasce il cambiamento delle proprie convinzioni e la trasformazione radicale della vita, chiamata rivoluzione umana.
Il karma immutabile più difficile da sradicare è quello che deriva dall’offesa alla Legge, cioè dal disprezzo della propria Buddità e di quella degli altri. Per cancellare questa offesa occorre comportarsi in modo opposto: credere che la nostra vera natura sia quella forte e saggia di un Budda e agire attraverso la preghiera e lo shakubuku affinché essa si manifesti.
La sofferenza che deriva dal karma immutabile può essere lancinante, e non possiamo certo far finta che non esista. Quando recitiamo Daimoku al Gohonzon non possiamo nasconderla o minimizzarla, ma nel contempo non dobbiamo lasciare che essa si identifichi con il nostro io.
La nostra mente, influenzata dal karma, ci porta a credere che la nostra identità si consumi tutta lì, in quel dolore latente o manifesto, che non ci dà scampo. Noi soffriamo perchè le nostre prime sette coscienze sono influenzate dal karma, ma noi non siamo la sofferenza: il nostro vero mondo è quello del Budda, la nona coscienza chiamata amala ovvero “incorrotta”, libera dal karma.




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